Ed eccoci qui, già al secondo passo verso la traduzione completa di questo bellissimo romanzo.
Se volete lasciate un commento, la storia di Simon non è qualcosa che si sente tutti i giorni.
Come al solito i ringraziamenti vanno al lavoro tempestivo e meticoloso dell'editor Sara.
Qui il link alla parte precedente comprendente il prologo, per chi se la fosse persa:
http://nopipeblog.blogspot.it/2013/12/stranezze-di-proporzioni.html
Atto
primo
Fin
dall'ore dell'infanzia non fui mai
Simile agli altri, mai vidi le cose
Come gli altri le vedevano, né seppi
La mia passione trarre da una comune fonte,
Dalla stessa sorgente non presi il mio dolore,
Sulle stesse tonalità non ho potuto
Simile agli altri, mai vidi le cose
Come gli altri le vedevano, né seppi
La mia passione trarre da una comune fonte,
Dalla stessa sorgente non presi il mio dolore,
Sulle stesse tonalità non ho potuto
Risvegliare
alla gioia il mio cuore,
E
tutto quel che ho amato, da solo io l'ho amato---
—Edgar
Allan Poe, “Solo”
Capitolo
1
Volete
sentire una storia?
Questa
è una di quelle belle. E' anche corta.
Questa
è la storia, e la storia dice: Simon conosce Jane D. al lavoro. Lei
gli racconta di chi le ha fatto del male. Lei sorride. Questo è
amore.
Questo
è rigor mortis.
Fine.
C'è
una storia più lunga. I diavoli si annidano tutti nei dettagli. E'
una storia abbastanza grande da riempire un teschio umano. Le storie
sono ingressi. Non dovete fare altro che bussare. Questa è la
storia, e
la storia dice:
Lui
chiama il suo nome:
“Soggetto:
Jane Doe.”
Questa
è la prima parte del rituale.
Il
nome del nostro eroe è Simon Meeks. Lavora nel turno di notte, nel
Laboratorio Autopsie 6, come patologo forense. Odia sentire la sua
voce registrata, pensa che suoni metallica, come il tavolo di acciaio
inossidabile. Simon è in piedi nel Laboratorio Autopsie 6 e sorride
di rimando.
Le
unità di refrigerazione mormorano il canto funebre. Il nostro eroe
sa le parole, conosce il rituale, ma la sua gola si secca. Sente
arrossire le guance molli e il sudore che scorre sulle mani sotto i
guanti di lattice blu. Non sa cosa dire. Il registratore audio
continua a funzionare.
Volevo
dirti che sei bellissima, Jane.
“Il
soggetto è... soggetto... umh...”
La
sua pallida bellezza, adesso è tinta da una sfumatura blu, che però
le dona. Esile di corporatura, con un viso brillante. Le labbra
scherzose e generose nel loro sorrisetto da post mortem.
I
capelli biondi sono così chiari da sembrare bianchi sbuffi di fumo e
nebbia fatati.
Le
ossessioni nascono nel tempo che ci vuole ad aprire una porta.
Simon
le scosta con gentilezza i capelli dagli occhi. Gli occhi.
Gli
occhi!
Qui,
là, ovunque, c'è solo il colore degli occhi--- ramato ma dorato
alla luce. Quegli occhi--- i più grandi che abbia mai visto.
Ventisette... no, ventotto millimetri! Nove grammi, per Dio! Pianeti
di nove grammi. Oceani di nove grammi versati in perfette cavità
oculari. Tuffarvisi dentro, immergendosi profondamente, nuotare nella
gelatina viscosa, la carezza dell'umor vitreo, come il sussurro
ectoplasmatico di un fantasma. Andare in profondità, scalciando e
nuotando attraverso la densa rete di tessuto connettivo e il biancore
della tonaca fibrosa. Più in profondità attraverso l'oscurità
della tonaca vascolare. Più in profondità, immergersi ancora più
profondamente nella tonaca nervosa--- Oh
bastoncelli, Oh coni, Oh retina---
e ancora più in profondità. Raggiungere le porte dell'anima
attraverso i nervi ottici. Immergersi in profondità e restarvi per
sempre, a guardare attraverso vetrate d'ossa dorate!
Ventinove
minuti.
“Cosa---?”
Simon
urta la sua bottiglia di Mountain Dew, un fiotto giallo-verdastro.
Solo che non è Mountain Dew. Guarda l'orologio. E' stato perso negli
occhi di Jane per ventinove minuti. La monomania è una trappola
mentale in cui Simon è abituato a cadere, ma mai così
improvvisamente. Poi si accorge...
A
volte, non realizziamo quanto orribile sia il rumore--- il grattare
del femore rotto sulla lavagna, il rumore che fa zampillare sangue
nero dalle nostre orecchie--- finché non udiamo il sollievo del
silenzio. Lui sente il sollievo. Gli occhi dorati di Jane calmano il
vetro spezzato nella sua testa, estraggono cocci e schegge dove
medicazioni su medicazioni avevano fallito, fino a un livello che né
gli esercizi per le mani, né le carte, né le monete avevano mai
raggiunto. Pace e chiarezza ravvivate nel balsamo dei suoi occhi
dorati.
La
storia comincia e si conclude con i tuoi occhi. Eh, Jane?
Simon
guarda le sue labbra, ancora curve, ancora sorridenti e
incoraggianti. Lui ricorda il rituale.
“Soggetto:
Jane Doe.”
Rigor
mortis. E' morta davvero recentemente--- nelle ultime sei ore.
L'irrigidimento
continuerà a diffondersi attraverso tutto il corpo per un lasso da
sei a dodici ore, vi resterà per altre sei fino a dodici ore, e poi
quello stato svanirà nelle seguenti sei fino a dodici ore.
I nuovi morti sono sempre tesi all'inizio, ma alla fine si rilassano.
L'ora
della morte è importante. Temperatura interna, rigor mortis,
lividezza, colore della pelle, il contenuto dell'intestino--- sono
tutte prove.
Se
il corpo rimane disperso per tre o quattro settimane, gli insetti
forniscono prove. Su tutte le milioni di specie, solo un centinaio o
poco più si nutre di cadaveri e le infestazioni si susseguono in
schemi ordinati e prevedibili: larve, scarafaggi, pupe, adulti---
tutto un putrescente alfabeto Braille per la percettiva mente
forense.
Uno
potrebbe essere in grado di stimare l'ora della morte entro un
giorno. L'entropia, stronza malefica. Prima cancella le prove, ma
poi, pentendosi, si scusa con dei bouquet di larve.
L'ora
della morte è stimata sulla scena del crimine, prima di insaccare il
corpo. Ma prima di quello, la morte deve essere confermata e i segni
vitali verificati, non importa quanto sia ovvio il decesso della
vittima. Simon non ha mai cercato segni vitali in una testa
decapitata, ma certe storie si sono diffuse.
Non
fanno accedere Simon alle scene del crimine. Non più. I suoi
colleghi infestano i corridoi dell'obitorio con i loro sussurri. “Si
trova meglio con i morti che con i vivi.” Quello è il mantra, il
mito, lo bisbigliano quando credono che lui non li senta, e lo
chiamano il Ghoul persino quando è presente. Fin dal caso Twiss.
Troppo strano da tollerare, troppo talentuoso per essere licenziato,
lo hanno bandito al turno da becchino.
E'
tutto tranquillo nell'obitorio a quest'ora della notte--- solo il
giovane patologo e il cadavere dagli occhi dorati, tutti e due
sorridenti, tutti e due tesi, tutti e due troppo spaventati per fare
la prima mossa. Simon fissa il sorriso e gli occhi così
incredibilmente grandi.
Le
sue espressioni facciali hanno tutta la drammaticità esagerata
tipica degli attori dei film muti. Esprime i suoi segnali sociali con
una frequenza d'aggiornamento diversa dai suoi colleghi. Giusto un
po'... fuori tempo.
Simon
rompe il ghiaccio rimuovendo le borse di plastica che proteggono le
delicatissime prove su mani e piedi. Spezza il silenzio con la sua
voce inossidabile:
“Il
colorito bluastro suggerisce una morte per ipossia.”
E'
tempo di passare all'Acqua Morta? Prende il bisturi. E' il momento
per la sua mania? No. Mette giù il bisturi. Non ancora.
Desideroso
e apprensivo--- balli di fine anno scolastico e farfalle nello
stomaco. Eh, Jane?
Simon
esamina le note relative alla scena del crimine, inizia a tessere la
fiaba di come questa bellezza addormentata è arrivata a lui.
L'hanno
trovata che danzava nel vento.
La
polizia ha scoperto il corpo di Jane Doe che pendeva da un albero,
appeso a un cappio di corda in una vecchia birreria all'aperto,
illuminato dalla tremolante luce di un lampione morente. Un vento
freddo era giunto dal lago e, secondo l'unico testimone--- un
ragazzino che stava esplorando la proprietà confiscata---sembrava
come danzare nell'aria. Ha raccontato alla polizia, “Era graziosa.”
Avrei
voluto vederti danzare, Jane.
Simon
taglia il cappio sul suo collo, amorevolmente rimuove il rozzo
medaglione e lo insacca. Lascia il nodo intatto. I nodi hanno le loro
prove da offrire. Nessun altro testimone. Nessuno nel vicinato ha
visto, udito, o dichiarato nulla di malvagio.
Le
tre scimmie sagge, Jane. Tutte e tre sono morte, gli hanno sparato in
testa, e adesso tocca a Simon trovarli.
Per
ogni cadavere c'è un labirinto fatto di domande che porta dal corpo
alla verità. Le direzioni che uno può scegliere nel labirinto sono
determinate da alberi binari di decisione--- SI o NO.
Simon
recita, “femmina,
caucasica,
sulla ventina, trovata impiccata con un cappio di corda, mostra
colorito bluastro che suggerisce morte per mancanza di ossigeno.”
Simon
è nel labirinto con i morti. Guarda verso un corridoio e quel
corridoio è una domanda, e la domanda è: I
segni delle corde hanno il bordo infiammato da una reazione
fisiologica?
Se NO, allora la vittima era morta prima ancora di essere stata
impiccata, cosa che suggerirebbe fortemente un omicidio. Da qui, un
corridoio chiede: L'osso
ioide nel collo è rotto?
SI suggerisce uno strangolamento manuale. Ma se è NO, il prossimo
corridoio nel labirinto chiede: Ci
sono lividi intorno al naso e alla bocca? SI
suggerisce soffocamento e NO implica una compressione deliberata del
collo causante inibizione del nervo vago per fermare il cuore.
Entrambi alludono ad un omicidio occultato come suicidio.
Jane
però non accompagna Simon nel suo percorso. I segni della corda
mostrano il bordo infiammato, una reazione fisiologica. SI. Era viva
prima dell'impiccagione.
“Strano,”
dice Simon. Ci sono tre gruppi di segni da corda sul suo collo, in
tre punti diversi, tutti con il bordo infiammato. Perché?
I
segni sul collo combaciano con la corda?
NO suggerisce uno strangolamento con un laccio. Ma i segni di Jane
combaciano con la corda: SI. I
segni della corda formano una V invertita nel punto di sospensione?
SI. Questo implica un suicidio.
Il
labirinto va in frantumi. Qualcosa non torna.
“Perché
i segni extra, Jane?” chiede Simon. Lei non risponde. Sebbene
sorrida, è ancora troppo timida. Ci vorrà altro lavoro per
guadagnarsi la sua confidenza, per portarla ad aprirsi.
Simon
taglia un campione dei suoi capelli sbuffo-di-fumo. Prende la sua
mano, china il capo, e prova un approccio differente.
“Ciao,
Jane. Il mio nome è Simon”
Si
prende un momento per rabbrividire all'assordante tinta dello smalto
per unghie sulle dita di mani e piedi, un arancio scottante, le
budella incandescenti di una zucca nucleare. Con gentilezza raschia
sotto le sue unghie. Ecco! Scaglie di pelle e sangue.
“Qualcuno
ti ha fatto tutto questo, Jane” dice Simon, la voce metallica che
si acuisce.
Ma
li hai presi. Con
un'etichetta che dice--- sono
loro. Eh, Jane?
Simon
conserva i campioni di tessuto per un'analisi.
Purtroppo
deve andare più in profondità--- raggiungendo l'ingresso per
l'anima tramite incisioni a Y e lucida follia. E' tempo per la mania
di Simon. E' tempo di passare all'Acqua Morta.
Simon
chiude la porta a chiave. Agguanta la bottiglia di Mountain Dew e
beve l'assenzio. Tutto quanto. Con il retrogusto maligno di
liquirizia, percepisce la verde alchimia, le radici di assenzio che
crescono nel suo cervello, l'albero a testa in giù che cresce nella
sua testa e si nutre dei morti, e le Cornacchie, sempre le
Cornacchie, che urlano filastrocche apocalittiche.
Simon
prende la mano di Jane.
Volevo
dirti che sarebbe andato tutto bene, Jane, che il peggio era passato.
Volevo chiederti qualcosa sul colore dello smalto. Volevo dirti che
eri bellissima.
Nel
Laboratorio Autopsie 6, la mano di Jane Doe si muove, stringendo
quella di Simon.
Questo
è rigor mortis.
Questo
è amore.
* * * * *
Buoni,
buoni, non agitatevi, carissimi. Questa è bellezza oltre le
convenzioni. Questa è una storia d'amore dall'altra parte
dell'entropia. Assistete ad una favola che sfida la tirannia dei
vermi.
Entrate
ora! Si recita tutta nel Laboratorio Autopsie 6.
Simon
Meeks ondeggia per gli effetti di alcol e assenzio. E la stanza
ondeggia, trema, e singhiozza, diventando per gradi sempre meno
reale. Lui è davvero vicino---a quel luogo che è reale.
L'albero
fantasma, un fiore dai petali-volatili marcescenti, fiorisce nella
sua testa. “JaneDoeJaneDoeJaneDoeJaneDoe,” dicono le Cornacchie.
Ci fu mai un nome tanto bello?
Lui
chiude gli occhi, chiama il nome di lei nel buio, e segue
l'eco---Simon Meeks, che segue sempre l'eco delle cose, ma mai le
cose.
Porge
un orecchio sulla sua fredda bocca. Può sentire l'oceano.
L'Acqua
Morta.
Segue
l'eco finchè non si dissolve nel sospiro della marea notturna.
Lo
insegue finchè non annusa e assapora gli spruzzi così salati e
agrodolci. Lo insegue sempre più veloce e ancora più velocemente in
quel luogo dove la nostalgia ci attira con più forza della gravità
lunare---giù---finchè i suoi piedi non avvertono l'acqua fredda.
Le
sue mani vestite di lattice si muovono automaticamente di loro
spontanea volontà. Hanno affinato quei movimenti fino ad ottenere un
perfetto processo mnemonico. Misurano e registrano: fatti, numeri.
Esplorano Jane, affidando ogni parte di lei alla memoria, ogni
avvallamento, ogni sporgenza di lei, ognuna delle cinquantadue grinze
sulle sue labbra. Le mani impiegano dei tamponi, prelevando campioni
dalla sua bocca, retto, e organo sessuale.
E
da qualche parte in lontananza, forse in un sogno, Jane danza a piedi
nudi su una spiaggia, vicino al mare d'ebano. Sorride. Saluta Simon.
Lei---
Tick.
Tock.
L'orologio
tuona nel Laboratorio Autopsie 6. Gli occhi di Simon si aprono. “No.”
Prova di nuovo. Le sue mani prendono un bisturi e tagliano
un'incisione a Y su Jane, dalle spalle al bacino. Svestono della
pelle il suo petto.
E
da qualche parte in lontananza, forse in un sogno, Jane siede su una
panchina. Fa cenno a Simon di sedersi vicino a lei. Apre la bocca
e---
Chiacchere.
Farfugliamenti.
Voci
casuali parlano avanti e indietro, su passi pesanti, nel corridoio
fuori dal Laboratorio Autopsie 6. Gli occhi di Simon si aprono,
incrinati da verdi linee seghettate. “No!”. Prova ancora, ma è
inutile. Anche solo il peso dei suoi piedi è una distrazione.
C'è
però una maniera più diretta, un ingresso all'Acqua Morta, e il
bisturi è la chiave per il lucchetto. Simon dice a Jane che va tutto
bene. Il peggio è passato. E le ossa limpide dicono
“Tagliuzza-sgranocchia-tagliuzza-sgranocchia”. La gabbia toracica
di Jane si apre come mani dopo una preghiera. Simon controlla il
lucchetto, si rinvigorisce. La sua mano scivola dentro la cavità nel
petto di Jane.
Accensione.
Gli
occhi di Simon si rovesciano e il corpo è scosso dalle convulsioni.
Viene inondato da un gelido fuoco verdastro. Il mondo si scioglie.
* * * * *
Dove
siamo?
Il
sonno non ha un luogo da chiamare casa.
Simon
e Jane siedono su una panchina di pietra sepolcrale. I piedi nudi
dondolano e si bagnano nell'acqua nera. Tutti e due si guardano---
poi rapidamente guardano da un'altra parte. Guardano tutti e due in
alto---e da un'altra parte. Curvi in avanti sul loro posto, guardano
in basso, scalciando l'acqua nera. Timidamente. Goffamente. Lei è
una bambina e lui un bambino, sulla panchina sepolcro vicino al mare
d'ebano.
Niente
luna, niente stelle, nell'Acqua Morta, solo il soffice bagliore della
sabbia bianca sulla spiaggia sgargiante. Tutto il resto è nero.
Simon
fruga nelle tasche del suo cappotto, le mani che tornano su vuote. Fa
spallucce a Jane e teatralmente si tira su le maniche. Allargando le
mani, fa un movimento, facendo apparire un piccolo giglio ricurvo dal
nulla. Simon offre il pallido fiore a Jane. Con un singhiozzo e una
risatina, lei accetta, sbattendo i suoi occhi dorati.
Si
avvicinano l'uno all'altra sulla panchina sepolcro vicino al mare
d'ebano. Simon arrosisce, guarda di nuovo l'acqua.
E
da qualche parte lontano, forse in un sogno, Simon taglia e rimuove
laringe ed esofago dalla faringe di Jane.
Niente
luna nell'Acqua Morta, solo il bagliore luminoso della sabbia
d'avorio. Niente tempo nell'Acqua Morta; le ore respirano fievoli e
sommesse. Jane, sorridendo, odora il suo giglio. I suoi pallidi
capelli, tinti di blu dalla luce lunare, si gonfiano nel necro-vento.
Il
suo sorriso diviene però un cipiglio quando vede Simon ancora
nervoso. Poi, il cipiglio si arriccia monello e lei tocca Simon con
giocosa violenza, scappando, le risatine che inseguono la sua scia.
L'espressione
scioccata di Simon diventa un ghigno e comincia l'inseguimento.
Giocano ad acchiapparsi sulla spiaggia sgargiante che dà sul mare
d'ebano.
E
da qualche parte lontano, forse in un sogno, Simon rimuove gli organi
dal suo corpo.
L'acqua
nera lambisce le rive plutonie, trasformando la spiaggia in una
contrada di sospiri. Simon e Jane giocano, ridendo e adocchiandosi.
Simon si leva la bombetta nera, la tiene di fronte a sé, e con un
astuto colpetto del polso, il cappello sembra prendere vita e balzare
via dalle sue mani. Jane ansima. Simon si piega in basso per
raccogliere il cappello, ma con un ancora più astuto colpetto di
polso, il cappello sembra saltare via dalle sue dita. Jane ride.
Simon rincorre il cappello, ma con il più astuto dei colpetti col
piede, il cappello saltella via. Jane ride e applaude mentre Simon
continua l'inseguimento, mentre cerca di avvicinarsi furtivamente al
cappello, quando questo balza via in un un climax finale con Simon
che ruzzola per terra, il cappello che si poggia tra le sue gambe
divaricate.
E
da qualche parte lontano, forse in un sogno, Simon travasa fuori
l'ultimo pasto di Jane dal suo stomaco, con lo stesso tipo di mestolo
che usa anche a casa.
L'acqua
nera inizia a crescere. Simon si alza, ripulendosi. Lui e Jane sono
davvero vicini, guardandosi negli occhi, le dita dei piedi che si
arricciano e scavano nella sabbia di polvere d'ossa. Lui si lecca le
labbra. Lei morde le sue. Imbaldanzito Simon le prende la mano.
“Posso chiederle questo ballo?” Lei annuisce. Oscillano nel
triste ritmo jazz dell'Acqua Morta. Gli occhi di Jane diventano ampi
piatti dorati, così stringe a sé Simon. Si apre a lui.
E
da qualche parte lontano, forse in un sogno, Simon tiene in mano il
pegno d'amore violaceo e scintillante che è il cuore di Jane.
Danzano
sulla marea notturna nella spiaggia sgargiante.
Poggiano
le loro fronti una sull'altra, gli occhi a qualche centimentro di
distanza. Lei trema e Simon la stringe ancora più a sé. “Perchè
il cappio ha morso il tuo collo più volte, Jane?” Lei gli sussurra
qualcosa nell'orecchio. “Loro... loro ti hanno appesa più volte---
ti hanno appesa tre volte. Ma perchè?” Lui pone le mani sulle
guance di Jane, rassicurandola. Smettono di ballare, sebbene l'Acqua
Morta continui a suonare.
E
da qualche parte lontano, forse in un sogno, il bisturi di Simon
esegue un taglio da dietro uno degli orecchi di Jane, oltre il suo
capo, fino a dietro l'altro orecchio, e, con uno strattone, scuoia
amorevolmente la sua testa.
Passeggiano
lungo la riva plutonia, mano nella mano. Simon si ferma. “Volevano
qualcosa, eh Jane? Ti hanno appesa a quel cappio tre volte per
spaventarti e ogni volta che ti abbassavano ti facevano delle
domande.” Jane annuisce, sospirando in un mezzo sorriso. “Perchè?”
Le si morde il labbro inferiore, scrolla le spalle, e distoglie lo
sguardo da Simon, fronteggiando il mare d'ebano.
Lei
stacca i petali dal giglio e li lascia vagare trasportati dal
necro-vento. “Chi ti ha fatto questo, Jane? E perchè?” Simon la
sfiora e---
No.
Qualcosa
sbatte in lontananza.
Non
ancora.
Il
mondo si scioglie in cera. L'Acqua Morta evapora. Jane cade indietro.
Simon urla, la sfiora, afferra il giglio e cerca di tirarla indietro,
ma il fiore appassisce nelle sue mani.
La
polvere si disperde attraverso le sue dita mentre le stringe e Jane
scivola via come i ricordi di un sogno che si dissolvono sotto il
getto della doccia.
No-no-no-no-no-no-no---
Non
vuole abbandonare l'istante. Non vuole tornare alla sua vita da
sonnambulo. Ma sente le esplosioni tettoniche di qualcuno che sta
bussando alla porta del Laboratorio Autopsie 6.
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