mercoledì 27 giugno 2012

Indagini su due ruote

Amici del NoPipe Blog, sono Gambero.
Volevo parlarvi di una cosa che mi succede spessissimo durante i miei allenamenti in bici.
Casa mia è situata su di un circuito di circa tredici chilometri completamente pianeggiante, salvo per due cavalcavia. In questo circuito svolgo gran parte dei miei allenamenti ed è proprio qui che da qualche anno mi capita il FATTACCIO.

sabato 16 giugno 2012

Cronache di un pomeriggio di relax

Salve a tutti amici del NoPipe Blog, sono Gambero.
Ho deciso di spezzare, almeno per una volta sola, il nostro classico silenzio del weekend perché volevo rendervi tutti partecipi del mio pomeriggio.
Siccome durante questa settimana ho fatto abbastanza tardi per varie sere e al mattino quasi tutti i giorni, volente o nolente, dovevo svegliarmi presto sono arrivato a oggi (sabato) abbastanza scarico, aggiungiamo pure anche il fatto che mi sono allenato in bici vari giorni della settimana sotto un vento epocale, oggi ho deciso di prendermi un pomeriggio di relax.
Dopo aver sistemato un paio di cosucce in casa mi sono armato di costume e sono sceso in giardino, dove da quest'anno abbiamo piazzato un piccolo angolo "mare" in campagna. Ecco un'immagine che rende l'idea più di mille parole:



Avevo portato con me anche "L'ombra della profezia", il nono libro dell'edizione italiana di Game Of Thrones  (ebbene si, in Italia i libri di questa serie vengono divisi, così anziché avere quattro libri ne hai dodici, che ovviamente devi pagare separatamente).
Ho aperto l'ombrellone e, dopo aver aggiustato il lettino che si era clamorosamente autosmontato, mi sono dedicato allo svacco più totale: si stava da Dio, gli unici rumori che si sentivano erano quelli del vento fra gli alberi e di qualche insetto svolazzante.
Dopo circa un'oretta steso così mi sono preso una "pausa" gelato: un bel cono all'amarena. Giusto per rinfrescarmi un po', dopodiché sono ritornato nel mio angolo di pace.
Ci sono rimasto un'altra oretta: credo di avere anche dormito perché è passata veramente in fretta.
Ero talmente rilassato che il libro è rimasto sul tavolino chiuso per tutto il tempo in cui sono stato li: ne avevo per le palle anche di leggere siccome ad occhi chiusi si stava troppo bene.
Una volta rientrato in casa, non essendomi ancora rilassato al 100% come volevo, ho deciso di riempire la vasca da bagno che uso in genere solo in inverno dopo gli allenamenti per riscaldarmi. Mi sono immerso nell'acqua fresca armato di bicchiere di the fresco al limone e ho perso una mezz'oretta anche qui.
Devo ammetterlo ora ho le pile ricaricate in pieno e sono pronto per la serata. Sono talmente rilassato e felice che ho voluto rendervi partecipi della cosa.
Consiglio comunque a tutti di prendersi un pomeriggio del genere una volta ogni tanto perché si sta veramente bene.

Ciao a tutti da Gambero,
buon weekend. :)

martedì 12 giugno 2012

Quinta parte del racconto "La stella"

Scusate il ritardo ma questa volta abbiamo dato fondo alla nostra fantasia e si è resa necessaria qualche pagina in più. I ringraziamenti vanno come al solito a Sara per il suo lavoro da editor che è davvero insostituibile!

Enjoy!


PROLOGO

Parte quinta

Non possono credere che siano solo coincidenze.” Padre Cesare stava osservando pensieroso il giardino dalla piccola feritoia della sua cella, come faceva ormai da un paio di notti, prima di farsi prendere dal sonno.
Evaristo è convinto che le morti segnate nei necrologi non siano fra loro collegate… Come può pensare una cosa del genere? I sintomi sono gli stessi, persino le sentenze di morte sono identiche! Se nemmeno un medico è in grado di riconoscere il morbo con precisione, come può pretendere di trovare una cura nella nostra biblioteca, qui dove tutto è affidato alla grazia divina!”
«Le tue sono solo supposizioni, nate dal fatto che vuoi renderti utile, Cesare. La tua passione è encomiabile ma non crucciarti cosi. Anche se non siete riusciti a trovare qualcosa che possa curare il povero Alfredo il vostro impegno è stato certamente riconosciuto dal Signore, e vedrai che il vostro lavoro non sarà vano» Evaristo era stato chiaro, non avendo trovato qualcosa di simile a una cura, ogni altra presunta scoperta ricavata da quel mare di scartoffie era, nei fatti, completamente inutile.
No, io credo che qualcosa sia accaduto qui, e stia accadendo di nuovo, le date parlano chiaro. Circa ogni quindici anni qualcuno si ammala e alla fine muore dello stesso morbo. Questo si ripresenta nello stesso modo ogni volta, ma nessuno sembra farci caso. Non possono...” il corso dei suoi pensieri si interruppe bruscamente. La vide. Di nuovo.
L'ombra stavolta si muoveva lentamente, e Cesare poté osservarla meglio: era una figura umana, ora la distingueva molto più chiaramente, e dal momento in cui se ne rese conto, il tarlo della paura si insinuò in lui.
E' quella dell'altra volta, non c'è dubbio.”
Ne era certo ad un livello intimo, come se la sensazione di inquietudine che trasmetteva la rendesse inconfondibile ai suoi sensi.
Questa volta era emersa dall'area buia che era il piccolo cimitero dell'eremo.
Cesare la vide dirigersi con innaturale lentezza verso il porticato tra i giardini e il cortile interno. Proprio quando stava per uscire dalla sua visuale, l’ombra si fermò di colpo.
Cesare non poté trattenere un fremito. “Dio, fa che non mi abbia visto” pregò.
La figura non era che un’ombra lontana, ma Cesare poté chiaramente distinguere quando questa alzò la testa verso di lui.
Luce.
Gli occhi erano come due piccoli soli che squarciarono il velo di buio della cella di Cesare. “Signore, vengo a raggiungerti” pensò. Non riusciva a distogliere lo sguardo, e la luce intorno a lui si faceva sempre più intensa e calda. Improvvisamente si ricordò di ciò che stava accadendo nell'eremo, del motivo per cui era stato trasferito lì.
No, Dio, devo ancora fare ammenda per i miei peccati, non è ancora giunto il mio momento, ti prego lasciami un altro po' di tempo e potrai fare di me ciò che vorrai, ma prima voglio essere un tuo strumento ancora una volta e portare il bene in questo mondo. Dio, Ascoltami!” si ritrovò ad implorare silenziosamente mentre la luce si faceva insopportabile.
E Cesare seppe che per lui era la fine.

«NO!»
Si era svegliato in un mare di sudore: l'unico rumore che percepiva era il suo stesso rantolo affannato, causato dallo spavento.
Si vestì, continuando a tornare con la mente al sogno di quella notte, non gli capitava da molto tempo di fare incubi.
Ormai è tardi, ed esso fa parte della notte” concluse infine. Ma i sogni sono così, anche i più angosciosi scorrono via come acqua tra le dita al levarsi del sole, e infatti anche l’ultimo ricordo residuo di quelle immagini si perse nel vuoto, lasciando libero Cesare di dedicarsi alla giornata.
Si recò come sempre in chiesa per le preghiere mattutine; quando queste finirono Durante gli andò subito incontro.
«Allora Cesare, sei riuscito ad ottenere il permesso di vedere Alfredo?»
«Non ancora, il medico ormai è intrattabile. Consente solo ad Evaristo di entrare. Non è ancora riuscito a capire se il morbo può diffondersi o meno.»
«Mi sembrerebbe giusto farti entrare da lui almeno una volta, per conoscerlo, visto che ti sei impegnato molto nel cercare una possibile cura. Ne hai parlato con Evaristo?»
«Si, ma non vuole che rischi di ammalarmi. Soprattutto non accetta le mie ipotesi sul fatto che questo morbo si ripresenti a intervalli regolari. Secondo quando riportato nei testi i sintomi sono chiaramente sempre i medesimi e nessuno è mai stato contagiato, oltre alla persona in questione.»
Durante rimase a fissarlo per qualche secondo, i suoi occhi tradivano un’intensa attività di pensiero. Alla fine il fratello rispose: «Proverò a parlare io con Evaristo. Visto che siamo arrivati in quest’eremo praticamente insieme, probabilmente ho più possibilità di convincerlo a farti entrare.»
«Ti ringrazio. Non faresti solo un favore a me, ma anche ad Alfredo.»
Durante si congedò con un sorriso benevolo e si avviò sotto il porticato.
Cesare si diresse verso la biblioteca, dove era stato definitivamente assegnato come aiutante di Padre Adriano. Al contrario delle aspettative di Cesare, il bibliotecario una volta nel suo ambiente diveniva una persona silenziosa e concentrata, che non aveva nulla a che fare col carattere focoso ed impulsivo che esibiva al di fuori.
Cesare trascorse la giornata sistemando pile di tomi, lasciati in eredità all’eremo da un vecchio nobile di Nibizzola, deceduto da poco. Quando terminò di catalogare tutto, nel tardo pomeriggio, Adriano lo congedò, lasciandolo libero di andare a pregare in chiesa, in attesa della cena.
Mentre scendeva le scale che davano sul porticato, la sua attenzione venne attirata da una strana scena. A poca distanza da lui, nella penombra del tramonto, Evaristo e Durante si fissavano, l’uno da un lato all’altro del portico, i loro sguardi indecifrabili davano l’idea che si fosse appena conclusa una conversazione alquanto accesa ma nessuno dei due pronunciava più una parola. Cesare rimase bloccato sulle scale, incapace di comprendere se ci fosse tensione o meno fra i due. Alla fine Evaristo spezzò il silenzio:
«D’accordo» disse, e si avviò con passo deciso verso la chiesa.
Cesare finì di scendere gli ultimi gradini e salutò Durante: «Dante, tutto bene?»
«Cesare, ho una buona notizia. Sono riuscito a convincere l’abate a farti visitare Alfredo» gli rispose questo sorridendo.
«Spero che ciò non ti abbia creato problemi con Evaristo.»
«No, non preoccuparti. Credo che alla fine anche lui abbia capito che questo può aiutare ad alimentare la tua fede. Il Signore ti proteggerà, non temere.»
«Grazie Dante, ti sono debitore.»
«Tranquillo, non esistono debiti tra fratelli» lo rassicurò.
«Vedrai che il mio intervento non sarà vano»
«Non ho dubbi » concluse Durante, e si allontanò con un ultimo sorriso.
E’ il momento” pensò.
Provava una strana ansia per quello che si accingeva a fare, ma ci aveva riflettuto a lungo negli ultimi giorni ed ora si scopriva più determinato che mai.
Tutti i fratelli erano già riuniti in chiesa per le preghiere serali, quando si trovò, solo, davanti alla porta della cella di Alfredo, fermato da una strana sensazione. Quando si accorse che la mano gli stava tremando, bloccata nel gesto di aprire la porta, si riscosse ed entrò con decisione.
Alfredo era steso sul letto, in una posizione che chiunque avrebbe trovato più che scomoda: gli arti superiori ormai irrigiditi, uno steso lungo il fianco, l'altro sollevato fin sopra la testa. Le dita delle mani sembravano rotte da quanto deformi, ma la cosa più sconvolgente era certamente il viso: la parte sinistra del volto era contratta, sfigurata da una smorfia, lo zigomo talmente sollevato da schiacciare l'occhio nella sua stessa orbita.
«Ch-chi è?» La sua voce era il lamento di un vecchio.
«Buona sera Alfredo, sono Padre Cesare, un fratello arrivato da pochi giorni. Volevo fare la tua conoscenza.»
«P-piacere di conoscerti... F-fratello.»
«Come stai?»
Alfredo girò appena la testa, per cercare di guardarlo negli occhi, lo sforzo gli costò un basso gemito che non riuscì a trattenere. Era evidente che ogni minimo movimento doveva procurargli dei dolori lancinanti.
«Il corpo sembra dire il contrario, ne sono consapevole, ma nella mia anima sono sereno.»
Cesare si sedette accanto al letto, per permettere ad Alfredo di guardarlo in viso senza doversi scostare dai cuscini che lo sorreggevano.
«Mi hanno raccontato della tua fede incrollabile, che ti spinge a restare qui al monastero nonostante tutto il dolore che provi.»
«Il Signore è con me, in ogni momento. L-lo sento vicino anche ora... È lui che ti ha portato da me.»
Si, evidentemente il Signore mi ha fatto trovare quei necrologi” pensò Cesare.
«Il medico cosa ne pensa?»
«I-il medico continua a dire... C-continua a dire che se resterò qui morirò» disse.
«Non credi che possa aver ragione?»
Alfredo sospirò. «P-potrebbe anche aver ragione... m-ma io reputo questa malattia una prova di Dio per purificare i miei peccati... una v-volta conclusa... c-che io sia qui o meno avrà poca importanza... l-la mia anima sarà pura, e io sarò in p-pace col Signore... e con me stesso.»
«Alfredo, tu hai poco più di vent'anni. Come puoi pensare di aver commesso dei peccati tali da meritarti questo tormento?» lo sguardo di Cesare era pieno di tenerezza.
Io avrei meritato tutto questo, non certo tu.”
Alfredo ricambiò lo sguardo del confratello, quasi con pietà, e Cesare intravide un sorriso amaro attraverso la maschera deforme che era ormai il suo viso.
«A-avevo circa dieci anni quando i miei genitori morirono... m-mi rimase solo una cosa, il nulla. L'incendio... l'incendio che aveva distrutto la nostra casa si portò via loro e tutti i nostri averi...» Fece una pausa, il respiro affannato, Cesare continuò a fissarlo in silenzio, poi Alfredo continuò: «D-divenni un randagio, costretto a vivere di stenti... c-col rischio di morire ogni giorno in qualche vicolo... A-alla fine iniziai a rubare... i primi anni mi limitavo a sottrarre qualche frutto o p-pezzo di pane nei mercati... p-poi crescendo la cupidigia si era impadronita di me.. E-entrai a far parte di un masnada di f-farabutti... c-con loro avevo almeno vitto e alloggio... c-credevo di aver trovato una nuova casa, per quanto squallida fosse... ma avevo trovato il diavolo.»
«Strade di quel genere purtroppo non portano mai a cose buone.» annuì Cesare, ma il racconto di Alfredo non era finito, il suo respiro si faceva sempre più pesante, ma subito riprese a parlare.
«D-derubavamo case di mercanti e nobili... Dalla nostra avevamo il fatto di essere giovani e forti... non eravamo certo organizzati ma i-in qualche modo riuscivamo sempre a scamparla.»
«Nessuno può andare avanti a lungo conducendo una vita del genere. Come sei arrivato fino a qui? Dove hai trovato la fede che ti sostiene anche ora?» lo interruppe Cesare, non era un confessore e si sentì in dovere di fermare il fratello prima che finisse per condividere con lui troppi dettagli.
«Q-questo è uno dei capitoli più bui della mia vita... c-capitò sette inverni fa... Avevamo adocchiato la casa di una vecchia s-signora... e-era la moglie di un contabile, deceduto da pochi mesi... e-era rimasta da sola con tutti gli averi del marito... n-noi scherzavamo sul fatto c-che nel t-tempo che le restava da vivere non sarebbe mai riuscita a spendere t-tutto, le avremmo fatto solo un f-favore privandola di qualche gioiello.»
Cesare lo osservava. Quello che vedeva era un uomo sostenuto dalla voglia di redenzione. Iniziava a sentire dentro di se una strana empatia verso il ragazzo “Dopo quello che ho commesso potrò mai diventare tanto forte anche io?” si domandava.
Alfredo proseguì: «C-colpimmo di notte, come al solito... c'era molto più oro di quello che avessimo mai immaginato... i-io osai più di tutti gli altri, mi azzardai fin nella s-stanza da letto, senza fare rumore... e l-lì trovai la signora che dormiva, ignara della mia presenza. P-preso da una maniacale cupidigia afferrai istintivamente la collana lasciata sul comò affianco al letto... e-era l'unica cosa di valore che avevo individuato in quella camera, doveva essere mia... a-alla fine scappammo, con tutta la refurtiva. Ebbi un moto di rabbia il giorno dopo, quando mi accorsi che la collana che avevo preso non era d'oro, ma solamente di metallo brillante... P-preso dalla furia ritornai di corsa alla villa della signora, con l'intenzione di frantumargliela contro il muro esterno, perché la trovasse... Q-quando arrivai li però trovai una folla di persone ammassata contro il c-cancello... Incuriosito mi a-avvicinai e chiesi ad uno dei presenti cosa fosse successo, g-gongolando nel conoscere già la notizia che mi attendeva... Q-quello che ottenni però fu un colpo al cuore: “Quei tangheri maledetti! Le hanno rubato tutto, davvero tutto! Le guardie hanno trovato la signora impiccata nella sua stanza! Ha persino lasciato un foglio per quei bastardi maledetti! Dice che avrebbe sopportato il furto di qualunque cosa, ma non dell'unico ricordo legato al suo povero figlio, perduto qualche anno fa: la sua collana! E la beffa più grossa è che non valeva niente! Spero che quei maledetti marciscano all'inferno, nel rimorso di quello che hanno compiuto!”»
Cesare rimase bloccato, un peso gli premeva sul cuore, improvvisamente in quella piccola stanza si sentiva soffocare: “Ora capisco Signore, le tue vie sono davvero infinite. Intendi mostrarmi la strada che devo seguire mettendomi di fronte a peccati simili ai miei?”
«D-da quel giorno una pietra venne calata sulla mia anima... d-decisi che dovevo rimediare in ogni modo a quello che avevo compiuto... p-per la prima volta nella mia vita, in preda al rimorso, mi confessai in chiesa... I-il parroco, benedetto sia per l'eternità, m-mi accolse sotto la sua ala, mostrandomi la via da seguire... Alla fine presi i voti, ma sentivo c-che ancora non era sufficiente... p-per mondarmi dal terribile peccato che avevo commesso non sarebbe bastata tutta la mia esistenza. Per questo decisi di entrare nell'eremo di Nibizzola, p-per dedicare la mia vita solo ed esclusivamente al Signore... Q-quello che mi sta accadendo adesso è soltanto una prova in più a cui Dio mi ha destinato nel lungo cammino che m-mi condurrà infine da lui.»
Cesare non ricordava più nemmeno il motivo per cui si era tanto voluto recare lì.
Tutto quello che custodiva dentro di se da così tanto tempo premeva per uscire fuori con una furia incontrollata, che gli stava diventando insopportabile.
«C-cesare, tu perché sei giunto in quest'eremo?»
La domanda, così diretta, lo spiazzò per un attimo, ma sentì che doveva liberarsi di quel peso, era il momento, il luogo, e non aveva senso trattenersi oltre: “Che persona meschina sono. Ho il coraggio di confessarmi solo ad un morente” si rimproverò.
«Voglio che tu sappia fin da subito che io non ho preso i voti perché ho sentito la chiamata del Signore. Fu la povertà della mia famiglia a costringermi a questa scelta. Per quanto fossi stato sempre molto credente immaginavo la mia vita come quella di un uomo normale, volevo creare una mia famiglia e vivere in pace. Purtroppo però ero l'ultimo di tre fratelli ed i miei genitori non sarebbero mai riusciti a mantenerci tutti quanti. Così non appena raggiunsi l'età giusta venni spedito in seminario. Inizialmente non riuscivo a concepire il fatto di essere stato allontanato da casa per una mera ragione economica, ma alla fine capii. Davanti a me si presentò il disegno che Dio aveva preparato per farmi trovare la vera fede. Ogni cosa era al suo posto, e riuscivo a sentirmi in pace. Riuscii a ringraziare anche i miei genitori per la scelta che mi avevano imposto.»
Cesare sospirò, poi proseguì: «Quanto mi sbagliavo. Mi ero illuso di aver trovato la vera fede, ma dentro me albergava ancora, anche se in piccola parte, il rimpianto per non aver ottenuto la vita che desideravo.»
Si interruppe un istante, come per ritrovare un’immagine lontana, sepolta nella mente: «La conobbi durante una benedizione pasquale. In quel periodo mi aggiravo per le case del mio paese, per portare la protezione di nostro Signore sulle abitazioni dei fedeli.
Era la figlia di un commerciante della zona. Fu lei ad aprire la porta al mio arrivo; era rimasta in casa da sola a svolgere le faccende domestiche mentre i genitori erano al lavoro. Terminata la benedizione mi chiese se potevo rimanere un po' in casa assieme a lei, per farle compagnia, visto che passava sola la maggior parte del suo tempo. Era l'ultima casa che dovevo benedire, per cui non vidi nulla di sbagliato a rimanere a chiacchierare un po' con quella giovane. Si chiamava Eleonora, e Dio solo sa quanto l'ho amata» abbassò gli occhi, non aveva la forza di cercare in Alfredo uno sguardo di comprensione.
«Nei giorni seguenti la rividi sempre più spesso in chiesa, e ogni volta veniva da me per parlare dei suoi problemi di fanciulla, ma sopratutto del suo innamorato che non si era ancora accorto di lei, e ciò le provocava un dolore sempre più grande. Era un ragazzo che vedevo sempre nelle messe domenicali: giovane e forte, ma conteso tra molte delle donne del paese. Fu in quei momenti che quella parte di me che credevo ormai sepolta tornò ad emergere.
Iniziai a provare una sorta di invidia verso quell'uomo così fortunato da poter persino scegliere la donna con cui vivere per sempre, la donna da amare per la vita e da cui avere degli eredi.
Questo sentimento si faceva ogni giorno più incontrollabile, e alla fine si tramutò in gelosia verso Eleonora. Speravo ancora che tutto si sarebbe fermato a questo.
Alla fine decisi di dare un taglio a questa situazione, e così arrivai a consigliarle con slancio di confessare direttamente il suo amore, era una delle fanciulle più graziose del paese, ed ero sicuro che sarebbe stata accettata. Invece accadde qualcosa che sconvolse tutto.»
Finalmente riusciva a parlarne con qualcuno. Alfredo ascoltava in silenzio, l'attenzione completamente rivolta alla storia di Cesare.
«Era una sera di tempesta, i tuoni rimbombavano nella chiesa in modo così minaccioso da parere la voce stessa del diavolo che urlava tutta la sua rabbia dall'inferno. E alla fine il maligno davvero si presentò. Mi trovavo nel confessionale, in attesa di qualche sventurato disposto a sfidare il maltempo per venire a rendermi partecipe dei suoi peccati.
Ero perso nell'ascoltare la pioggia battente quando udii la sua voce dall'altra parte della grata. La riconobbi immediatamente, era lei». Nel ricordare la sua voce, quella di Cesare ebbe un tremito. “Padre, ho mentito, ho mentito così tanto da non riuscire più a sopportarlo” gli aveva sussurrato.
«Le dissi di confessare tutto liberamente, dopo qualche istante di incertezza lei riprese a parlare, e quel che disse fu quanto di più sconvolgente potessi credere di ascoltare.
Padre, ho mentito a te, solamente a te” continuava a ripetere, mentre io non riuscivo a capire. Iniziai a diventare inquieto, e le chiesi di spiegarsi, ma in tutta risposta sentii bussare al portoncino del confessionale. Aprii.» e le parole uscirono una dopo l’altra, incontrollabili,come un fiume in piena, mentre Cesare si lasciava travolgere da quel ricordo incapace di arrestarsi.
«Venni assalito dal diavolo. Ricordo l'odore dei suoi capelli bagnati dalla pioggia, e il sapore delle sue labbra umide. Nonostante fosse il demonio, era estremamente piacevole.
Così piacevole da trasmettere in me lo stesso seme del male. Non avevo mai avuto contatti con una donna prima di prendere i voti. Il sapore del peccato è sempre lo stesso, in qualunque forma esso si presenti. Credo di essere stato posseduto dal maligno in quel momento, perché ricordo pochissimo di quell'ora fatale. Quando mi riebbi, lei era stesa sulla panca del confessionale, con il mio saio a coprire le sue nudità mentre dormiva. Non sapevo cosa fare. La mia mente non riusciva a concepire quello che era appena successo, e credetti davvero di divenire pazzo, più di una volta me lo ripetei, mentre cercavo di dare un senso a tutto».
Si prese la testa, fattasi improvvisamente più pesante, tra le mani, e proseguì: «Passarono i giorni, e alla fine i mesi. Gli alberi avevano abbandonato le foglie, ma il peccato non ci aveva mai lasciati. Continuavamo a frequentarci, i nostri incontri avvenivano per lo più a casa di lei, quando era sola. Arrivai a convincermi che fosse davvero amore quello che era nato tra noi due, un amore puro di quello benedetto dal Signore, ma la parte ragionevole del mio essere urlava tutta la vergogna per quello che stavo compiendo.
Lei era nel fiore degli anni, una creatura talmente innamorata dello stesso concetto d’amore da non rendersi nemmeno conto di quanto fosse sbagliata la situazione che si era venuta a creare. Ma io volevo essere cieco a tutto questo.
Continuava a ripetermi che finché poteva restare con me non le importava di nient'altro.
Eppure, nonostante io stesso fossi perso in un sentimento che non avevo mai provato prima, la ragione riprese il sopravvento quando lei avanzò l'idea più assurda che si potesse immaginare: mi chiese di concepire un figlio.»
Alfredo lo guardava con la pietà di chi comprende a fondo le sventure avute in comune, mentre Cesare riprendeva fiato per poi proseguire.
«Ebbi finalmente il coraggio di dire basta a quella relazione incresciosa. Eleonora divenne disperata, ed a nulla servirono i miei incitamenti a farsi una vita normale, per il suo ed il mio bene. Arrivò a minacciare il suicidio. Le imposi di cancellare quei terribili pensieri e di non avvicinarsi più a me, per potermi dimenticare più in fretta.»
E' così difficile parlarne di nuovo...” pensò per un istante, quasi tentato ad interrompersi, ma Alfredo lo guardò incoraggiante, lo sguardo pieno di un affetto e una compassione quasi paterni, e cosi riprese il racconto.
«Un giorno, semplicemente, smise di cercarmi. Credevo che fosse riuscita a superare tutto quanto. Non la vidi per mesi, fino a quando non appresi la terribile notizia. I genitori l'avevano trovata nel retro della loro casa, al ritorno dal lavoro. Eleonora si era gettata dal terrazzo al secondo piano, sfracellandosi al suolo. Doveva essere rimasta agonizzante in quella posizione almeno un paio d'ore prima di perdere la vita. Tutti la conoscevano come una ragazza tranquilla e solare, l’intero paese non riusciva a capacitarsi di quel suo folle gesto. Solo io ero a conoscenza del motivo che l’aveva spinta. Da quel momento, dentro di me era come morto qualcosa. Per vari giorni meditai di compiere lo stesso gesto, l’animo stretto in una morsa di dolore atroce. Alla fine mi convinsi e confessai in lacrime quello che era accaduto tra me ed Eleonora, al mio abate. Inizialmente Padre Clemente rimase esterrefatto, vidi l’ira attraversargli lo sguardo, poi decise di aiutarmi nell’unico modo che conosceva: mi consigliò di trasferirmi in un eremo, un luogo di fede, solitario, lontano da ogni traccia di quella vicenda, dove avrei potuto dedicare la mia vita completamente a Dio, per pentirmi, ripagare il tradimento con la preghiera e purificare così la mia anima.» Infine aggiunse «Nessuno a parte te e Clemente è mai stato reso partecipe della mia storia».
Solo a questo punto Cesare alzò lo sguardo verso il volto di Alfredo: era rigato da lacrime.
«Perdonami, Alfredo. Ti sto dando altro tormento. Forse non dovevo parlarti di fatti così tristi nella tua condizione» ma mentre lo diceva si rese conto, osservando meglio il fratello,che questi stava sorridendo, le sue erano lacrime di gioia.
«Affatto Cesare... s-sono felice perché finalmente ho qui accanto a me qualcuno che riesce davvero a comprendere q-quello che provo... v-vedi, il Signore ti ha fatto veramente giungere a me, per la tua e la mia salvezza.»
Il suono di quelle parole giunse a Cesare come una benedizione, non si era mai sentito così sollevato. Riuscì a sorridere, un sorriso spontaneo che non affiorava da mesi alle sue labbra, e i due rimasero a lungo in silenzio, in pace finalmente.
La campana della chiesa, segnale della fine delle preghiere, li svegliò. Rapidamente i monaci si sarebbero riversati nel refettorio per consumare la cena in comunità.
Cesare si congedò con la promessa di tornare il giorno seguente a fargli visita.
Ebbe così inizio una nuova abitudine per Cesare. Padre Evaristo non poté che acconsentire affinché il monaco avesse il permesso di tornare regolarmente nella cella del malato: infatti, sin dal loro primo incontro le crisi e gli spasmi di Alfredo erano diminuiti drasticamente e il merito di tale sollievo non poteva che andare alla compagnia del nuovo confratello, che tanta pace pareva portare nell’animo tormentato dal morbo del giovane monaco. Lo stesso Alfredo continuava a richiedere la presenza di Cesare, anche solo come compagnia silenziosa accanto al letto.
Ora capisco, Signore. La tua volontà era questa sin dall'inizio. E' questa la fede che avevo perso? O forse non l'avevo mai trovata, e ora sono finalmente in pace? Ti ringrazio per avermi mostrato la via” cosi sì ripeteva Cesare prima di ogni loro nuovo incontro. Non aveva comunque rinunciato ad approfondire le sue indagini sulla insolita e persistente malattia che affliggeva l’amico, e approfittava di ogni loro incontro per portare avanti le sue osservazioni. Scoprì che Alfredo aveva avuto la prima crisi durante una preghiera serale circa un mese prima. Inizialmente si era pensato ad un episodio isolato, causato dalla stanchezza dovuta al ruolo di ortolano a cui era adibito, ma quando le crisi avevano preso a ripresentarsi sempre più spesso, accompagnate da crescenti spasmi muscolari che alla fine lo avevano costretto a restare disteso a letto, era stato convocato il medico. Questo aveva provato ogni tipo di rimedio, ma la condizione del malato era peggiorata a vista d'occhio ad ogni crisi.

Una sera, dopo ormai dieci giorni di visite quotidiane, al suo ingresso nella cella Cesare trovò con sorpresa Alfredo non più adagiato sui cuscini, ma seduto sul letto. Il ragazzo però aveva uno sguardo pensieroso.
«Alfredo, sei riuscito a sederti finalmente!» esultò Cesare avvicinandosi a lui.
«Già. Ce l'ho fatta» rispose questi, ma la sua voce era piatta e Cesare percepì una punta d'ansia nel suo tono.
«Che succede Alfredo? Dovresti essere felice di esserci riuscito. Cosa ti turba?»
Alfredo voltò lentamente la testa verso di lui.
«C'è una cosa di cui ancora non ti ho ancora parlato, amico mio.»
Cesare si sedette al suo fianco. «Parlamene, vedrai che ne trarrai sollievo.»
Alfredo chiuse gli occhi e prese un profondo respiro. «C'è un altro motivo a cui non ti ho mai accennato, per cui non voglio essere spostato da qui. Sin dalle notti delle mie prime crisi ho iniziato a fare degli strani sogni. All'inizio credevo che fosse la febbre a procurarmeli, ma poi mi sono reso conto che c'era qualcosa di insolito, un legame fra loro, un nesso rappresentato proprio da questo eremo, o più precisamente dal nostro piccolo cimitero. Ci sei stato Cesare? In sogno mi aggiro per l'eremo, senza sosta attraverso stanze e corridoi ed infine giungo sempre li, vicino al vecchio altare situato al limitare del camposanto.»
Cesare lo aveva notato durante la sua seconda settimana di permanenza. L'altare del cimitero era un enorme blocco di marmo, simile a quello della chiesa. Gli era stato spiegato che quello era l'altare della vecchia cappella che sorgeva a Nibizzola prima della costruzione dell'eremo, quando poi questa era stata abbattuta per lasciare posto al monastero si era deciso di conservarne l’altare, lasciandolo come monumento in memoria dei primi fratelli che avevano abitato lì e che ora erano sepolti proprio in quella zona, divenuta poi il cimitero dell’eremo. L'altare ormai era ridotto ad un rudere pieno di crepe, causate dalle intemperie, ciononostante era ancora utilizzato durante le messe funebri.
«Penserai che siano sogni macabri, ma ogni volta che giungo al cimitero una luce accecante mi pervade. Quando questo accade percepisco dentro di me un enorme tepore, sento la forza della vita che scorre in me come un fiume in piena. Ogni volta mi sveglio col ricordo di quella luce. Io sono certo che quelli fossero messaggi di Dio: credo che volesse farmi capire che nonostante il mio corpo fosse vicino alla morte la mia anima era ancora piena di vita.»
«Da cosa deriva quindi questa tua ansia? Sembra che Dio ti abbia veramente salvato questa volta» chiese Cesare.
«Già, dovrei esserne felice. Eppure sento di essermi come allontanato da Lui. Da un paio di giorni questi sogni non si ripresentano. Ho conosciuto la grazia del Signore, ed ora non posso più farne a meno. Vorrei riviverlo almeno un'altra volta, anche se questo dovesse costarmi la ritrovata salute» guardò Cesare «Mi reputi un egoista?»
Il fratello si affrettò a rispondergli: «Niente affatto Alfredo, anzi credo che tutto ciò sia sempre una manifestazione del tuo amore verso Dio. Ora però devi riprendere in mano la tua vita, il Signore ti ha fatto un grande dono facendoti guarire spontaneamente, ora devi dimostrargli che tutto ciò non è stato vano.»
Alfredo finalmente sorrise. Fece per stringere la mano di Cesare, che in risposta lo abbracciò calorosamente, avendo cura di non procurargli dolore agli arti nello slancio.
«Grazie Cesare» sorrise questi ricambiando l’abbraccio.

Si svegliò di soprassalto. Vide che la stanza era immersa nell'oscurità, ma a parte questo non vi era nulla di strano. Eppure, anche dopo diversi minuti passati a rivoltarsi sul materasso, non riusciva a riprendere sonno. Era inquieto, ma non ne capiva il motivo.
Alla fine si ritrovò a fissare il giardino, come sempre.
Proprio mentre stava per tornare a chiudere gli occhi e tentare di riprendere sonno, udì distintamente dei passi veloci provenire dal piano sottostante. Improvvisamente da sotto il porticato emersero di corsa tre individui.
Aveva visto fin troppe volte una scena simile, in quell'attimo però il suo cuore prese a battere più forte “Cosa diamine sta succedendo qui?! Perché la gente continua ad aggirarsi di notte quando sarebbe proibito?!” sbottò tra sé.
Le tre figure raggiunsero il cimitero, immergendosi nell'oscurità.
Cesare non sapeva se uscire ed andare ad avvertire l'abate, ma poi la sua attenzione fu attirata nuovamente da un movimento nella zona del camposanto. Dall’oscurità uscì una sola ombra, percorrendo in senso opposto il tragitto.
I passi risuonarono sotto il porticato e sembrarono dirigersi verso il cortile interno.
Per Cesare era abbastanza.
Si diresse subito verso la porta della sua cella aprendola con foga.
DOOONG!! DOOONG!!!
Cesare si bloccò sulla soglia, impietrito.
Quelle che aveva appena udito erano le campane funebri.

lunedì 11 giugno 2012

Diario di un eremita

Siccome l'esame è andato a buon fine, come ho scritto in un precedente post, pubblico il diario che ho aggiornato per tutta la settimana passata.
Alla fine l'eremitismo spinto ha dato i suoi frutti!


Ecco il diario:



4/06/2012

Sveglia ore 9.30, colazione, dopo qualche attimo di titubanza comincia lo studio.
O meglio, cazzo, il super ripasso. Si perché porca troia ormai sto leggendo sempre le stesse cose da mesi. La cosa interessante é che ogni tanto trovo qualcosa di nuovo da imparare dalle slide.. E allora mi vien da chiedermi se mai potrò considerarmi effettivamente pronto per l'esame.. Insomma giornata passata tranquillamente, pranzo con polpette portate da casa fatte da mia mamma.. Dopo pranzo poca roba, ho provato a guardare studio aperto: Latte alle ginocchia. Non guardando mai la tv "normale" (Ho sky) non sono abituato a certe puttanate. Pomeriggio di studio appropriato, ne sono soddisfatto. Cena costituita da maccheroncini aglio olio e quantità, ovvero mi son mangiato quasi due etti di maccheroncini, e vino  rosso straniero del quale il nome non ricordo probabilmente per il fatto che non ne ero interessato. Posso affermare che il suo sapore non mi dispiaceva affatto e che anzi  ha accompagnato bene l'ingente quantità di pasta condita d'aglio e olio. Nel mentre che pasteggiavo ho guardato la tv, in particolare Porta a Porta, probabilmente in edizione speciale perché in onda fin dalla prima serata. La puntata in questione riguardava ovviamente il terremoto avvenuto nell'emilia romagna, o per meglio dire le conseguenze del terremoto. Dopodiché satollo mi son coricato guardando qualche Simpson.



5/06/2012

Sveglia sulle 10.30, ne avevo per le palle. Avevo voglia di fare una doccia veloce essendo poco più di due giorni che acqua non scivolava sulla mia pelle. M'accingo ad accendere la caldaia quando m'accorgo che l'idrometro segna 3 bar di pressione quando il valore dovrebbe stare tra 1 e 1,5. Subito cerco di abbassare la pressione facendo sfiatare acqua da un termosifone: sembra funzionare, ma dopo poco il livello della pressione torna a 3. "Cazzo é?" mi dico. Riprovo due o tre volte a cavare acqua dal termosifone ma niente. Allora prendo le istruzioni della caldaia, leggo di una certa valvola di scarico e mi dico: proviamola! Non l'avessi mai fatto, come la tocco comincia a uscire acqua a manetta. Provando a chiuderla non si chiudeva in nessun modo, allora ho messo sotto la valvola la vasca del mocio intanto che chiamavo mio fratello per delucidazioni. Mio fratello mi dice di aspettare che finisca di lavorare dopodiché sarebbe venuto li. Io ne frattempo ho chiuso l'acqua fredda in entrata della caldaia e ho aspettato che l'impianto si svuotasse del tutto: chiaramente a caldaia spenta. Tutto questo mi ha tenuto occupato fino alle 14.00. Ci tengo a precisare che non ho pranzato prima di quell'ora. Dopo pranzo ho studiato fino alle 17.30, poi mi sono addormentato. Il mio sonno é stato interrotto dal citofono che suonava all'impazzata: era arrivato mio fratello. In 4 e quattr'otto sistemiamo tutto: Il fatto che la pressione della caldaia fosse a 3 costanti era dovuto al fatto che l'inquilino precedente avesse letteralmente sbocchinato attorno alla caldaia lasciando aperta una valvola di alimentazione dell'acqua, mentre la valvola di scarico si era magicamente inceppata a causa di un sedimento di dimensioni non indifferenti che impediva la corretta chiusura della stessa. Bene. Finito il lavoro abbiamo mangiato una pizza nella pizzeria sottostante il mio appartamento, la pizzeria Da Gaetano, i cui gestori abitano praticamente a fianco a me. Mangiata la pizza abbiamo fatto un passeggiata lungo un sentierino che si insinua nella palude di fronte all'appartamento. Non ci ero mai stato e devo dire che é un bel posto. Voglio farci delle foto. Finita la passeggiata e l'ennesima birretta, mio fratello parte verso casa dove l'attendeva una riunione del comitato cittadino di Mezzano. Io armato di buona volontà mi sono rintanato, ho letto un po' di roba dopodiché mi son steso sul divano sul quale ho effettivamente guardato Weekend con il Morto. Cazzo mi ha fatto ridere sul serio! Ciò significa che come commedia é piu che valida! Finito il film ho visto qualche Simpson sempre sul divano, mi sono addormentato e alle 2 e qualcosa di notte, svegliatomi, sono andato a letto.





6/06/2012

Prima sveglia ore 6 e qualche minuto: terremoto. "Gran Figata."
Seconda sveglia ore 8: la buona volontà non può nulla contro la comodità del mio letto.
Terza sveglia ore 9: Massì.
Classica colazione thè e Rigoli, raccolgo velocemente informazioni sul terremoto avvenuto e scopro che il suo epicentro era in mezzo al mare all'altezza di Ravenna: in pratica in faccia all'appartamento. LOL. Ore 9.30 si comincia a studiare e si studia fino alle 12.00: avevo fame e avevo voglia di hotdogs. Parto in bici in direzione del Margherita di Marina Romea, compro würstel, pane, ketchup e immancabile cocacola da 1,5 litri. Davanti alla cassa la coca mi cade rovinosamente. Vabbe. Mi fiondo in appartamento, divoro gli hotdog con stile di fronte a un Simpson e poco dopo si riprende a studiare. Oggi ero carico. Mi sentivo un bomber. Alle 18.00, finito il pacco di slide che avevo cominciato nel pomeriggio (XDR), ho preso su e sono andato: a buttare il bidone ormai colmo, a fare un giro per la palude dove ho fatto le foto per il blog, a comprare birra per la sera. Ho comprato 4 birre diverse. Ho pubblicato l'articolo e preso da un malditesta ballerino mi son messo a guardar la tv. Il malditesta si é protratto per tutta la sera, neppure dormendo un po' é passato. Ho provato con un the con i biscotti ma niente. Mi sono andato a letto alle dieci e qualcosa guardando Licenza di Matrimonio, una commediola veramente banale.



7/06/2012

Sveglia ore 8.00
Mi alzo alle 8.45.
Oggi ci sono visite, infatti sono venuti Gambero e Ksinin a trovarmi. Hanno scritto un po' di racconto per il blog mentre io ho letto un po' dell'ultimo pacco di slide che mi rimaneva (RPC), dopodiché siamo andati a fare una passeggiata nella palude dove ieri ho scattato le foto. A mezzogiorno sono tornati a casa. Io invece mi son preparato un pranzo con spaghetti aglio e olio. Nel primo pomeriggio un mio amico mi chiama per andare al mare, io pur essendo al mare ho dovuto declinare l'invito per ovvi motivi ma ho proposto in alternativa di venire da me la sera insieme a un altro mio amico a mangiare la carne ai ferri. Gnam! Si comincia a studiare seriamente alle 15:00. Mentre studiavo ho fatto un rapido calcolo: fumando il drum e rollando il tabacco a bandiera, di ogni cartina ne utilizzo, con un errore di qualche millimetro quadrato, i 7/12.. Quindi su un pacchetto di 40 cartine, ne fumo effettivamente 23,3 (3 periodico), qatso! Lo studio finisce alle 18.30. Voglia di pace: Stappo una birra e mi spaparanzo in terranzo su un lettino con tanto di occhiali da sole e petto nudo. Non me ne fregava un cazzo. Sulle 19 arriva uno dei due amici e andiamo comprare la carne per la cena. Alle 20.00 arriva il secondo: si comincia a cucinare. Erano pressoché le 21.00 quando tutt'insieme mangiavamo carne accompagnata da buon vino. All'incirca le 22.45 andavamo a prendere un caffè al bar di Viale Italia. Dopo aver sistemato tutto, mi son andato a letto.


8/06/2012
Sveglia ore 9.11: Disastro
Non avevo postumi di alcol, perché non si era bevuto molto la sera scorsa, però mi sentivo veramente strano.. Poche forze, leggermente disorientato. In pratica ho dedicato la mattina a riprendermi, e più o meno ce l'ho fatta. A mezzogiorno spaccato, seppur la sera abbia mangiato come un satiro, avevo una fame del porco. Purtroppo ho dovuto sbattere la testa contro la triste realtà: avevo solo da cucinare PASTA AGLIO E OLIO. Credo mi stia venendo un idiosincrasia acuta verso questo condimento, e dire che l'ho sempre adorato. Vabbe, pranzo poco gustato, due simpson, e alle 3 spaccate si comincia a ripassare la penultima parte di tutto ciò che volevo ripassare: Le funzioni che il professore chiede in esercizio. Domani invece conto di ripassare una volta per tutte le nostre esercitazioni e chiudere baracca e burattini. Ieri sera con i compari si è proposto di organizzare una gita in Croazia quest'estate.. Io ho dato la mia piena partecipazione con l'unica clausola del buon esito dell'esame di lunedì. Sarebbe proprio una bella vacanzuola.. A un tiro di schioppo da casa e dai costi contenuti, PARE. Tra l'altro ho scoperto che la non hanno l'euro ma la Kuna e che una Kuna vale 0,13 euro una cosa del genere. Chissà Chissà. Alle 17.35 ho finito di ripassare tutte le funzioni annotando il loro comportamento su un file di testo. Le ho capite tutte cazzo.
Dopo rileggero' il tutto. Avendo bevuto quasi l'intero contenuto di una coca-cola da 2 litri, il mio organismo già reso instabile dalle eccedenze della sera prima ha assunto un atteggiamento ancora più insolito.
Forse é questo l'effetto della caffeina!
Ho rimasto 2 euro e 10 centesimi nel portafoglio, devo arrivare a dopodomani e se mangio ancora pasta aglio e olio potrei vomitare sul serio. Alle 18 sono andato a riflettere sulla precarietà della mia situazione in terrazzo, sul lettino, a petto nudo. Sul terrazzo mi son guardato un po' di Sky tg 24 grazie a Sky Go. Tornato di sotto, ho praticato l'arte di sapersi arrangiare: avevo fame ma non voglia di pasta aglio e olio, allora ricordandomi di aver avanzato un pane per hotdog, l'ho diviso in due, dorato in forno, ci ho sfregato sopra una buona dose d'aglio, cosparso d'olio e infine inondato di ketchup. Troppo buono cazzo. La sera ho letto un po' di biografia di Steve Jobs e sono andato a letto verso mezzanotte guardando Sette Anime.




9/06/2012

Sveglia ore 9.00, piove e a me non frega niente, anzi son quasi contento.
Sette Anime ne ho visto un pezzo poi sono crollato. Will Smith é un grande, ma il film é un po' lento per un fan di commedie mongole come me, comunque finirò di guardarlo stasera. Solita colazione the e Rigoli (Non ne posso più) , alle 9 e 30 si comincia a ripassare il SuperServer. Alle 12.30 il superserver era mio. Pranzo sempre all'insegna dell'arte di sapersi arrangiare. Avendo fatto per l'ennesima volta PASTA AGLIO E OLIO il mio stomaco era leggermente indisposto, ma ancora una volta il ketchup é venuto in mio aiuto: pasta aglio e olio con salsa di ketchup in un piattino a fianco. Tipo salsa di soia e li mortacci-soia: uno spettacolo.
Alle 14.00 si riprende, questa volta con il client e server TFTP basato su XDR. Intanto mia mamma é venuta a portarmi cibo e soldi per poter sopravvivere fino a domani, così domani lo dedico all'ultima esercitazione. Credo che sia meglio fare le cose con calma. Alle 18.30, finito di ripassare, ho dovuto rassegnarmi: sono arrivati dei vicini. E quel che é peggio, i vicini hanno dei bambini. Grazie al cielo sono arrivati oggi e io me ne vado domani. Tra le 19.00 e 21.00 ho letto un po' di biografia di Steve Jobs, e poi mi son cucinato una bistecca. Cazzo una bistecca vera. Ho visto Germania - Portogallo dove ha vinto 1-0 la Germania e ho goduto. Al termine della partita sono andato a letto guardando Sette Anime dal punto in cui ero crollato la sera prima.



10/06/2012

Sveglia ore 9.00: Domani c'é l'esame.
Vaffanculo a Sette Anime, lo devo guardare con quei bagagli che tengono aperti gli occhi come in Arancia Meccanica. Pronto e scattante mi son messo subito all'opera per ripassare la terza e ultima esercitazione: un TFTP basato su RPC. Alle 12.00 anche quello era mio e mi son dedicato al pranzo: pasta al ragù di mia mamma. Dopo pranzo ho guardato le ultime cose, dopodiché ho lavato tutte le stoviglie rimaste da lavare, dato una sistemata generale all'appartamento, e sono tornato a casa. Casa dolce casa. Riaccendere il Mac dopo una settimana è una sensazione forte. Comunque una volta a casa non ho guardato praticamente più niente riguardo l'esame..

Come dice il ragno dei non-morti in Warcraft 3: "Quel che è fatto, è fatto".



e FuckMeBaby!!!

Saluti,
Beto

giovedì 7 giugno 2012

Cupertino

Il nome della famosa città cuore della Silicon Valley, nella quale trova sede anche una certa Apple, deriva dal nome di un fiume che scorre lì nei pressi, un fiume che a suo tempo si chiamava Arroyo San José de Cupertino (oggi Stevens Creek).

Come dice wikipedia:
Il nome del fiume gli era stato attribuito dal cartografo dell'esploratore spagnolo Juan Bautista de Anza, in onore di San Giuseppe da Copertino.

Molto bene.

Copertino é un paese italiano, più precisamente situato in Puglia, dal quale giunge il presunto (ormai credo certo) autore dell'attentato a Brindisi.

Incredible links.

Saluti,
Beto

mercoledì 6 giugno 2012

Safari nella Palude

Come probabilmente in pochi sanno, da domenica sera mi son trasferito a Marina Romea per un ripasso generale di Reti Di Calcolatori in quanto questo lunedì ho l'esame


 ..Qua c'è una tranquillità assurda e son proprio contento di esserci venuto. Tra parentesi sto anche cercando di tenere una sorta di diario che potrei  pubblicare se l'esame va a buon fine. Intanto proprio oggi mi son fatto una piccola scampagnata per la palude che c'è dietro Marina Romea (no non il mare Adriatico), insomma, gli acquitrini che si vedono percorrendo Via Delle Valli.. Che guarda caso sono proprio di fronte all'appartamento. Ho fatto alcune foto, anche se purtroppo la luce di oggi non era un gran ché:


Cominciamo con un fiore, un fiore che non c'entra un benemerito pene con la palude.. Bensì è un fiore nato credo per caso sul mio terrazzo che però mi piaceva e quindi eccolo qua:



Qua invece comincia la gita vera e propria, qui ero appena entrato dentro la palude:




Questa invece è una vista panoramica fatta da in cima una torretta di legno, credo eretta proprio per proporre viste del genere:



Un acquitrino lungo lo stradello:



Qui invece si distingue uno strettissimo viottolo che poi ho intrapreso sentendomi un pò Bear Grylls:



L'irto viottolo si è rivelato non esser stato costruito a caso, infatti in fondo ad esso vi è ormeggiata una barchetta:



Andando avanti il paesaggio alla mia destra era più o meno tutto così:



E anche un po' così:
(Non so se la foto renda l'idea,
 ma sembra in tutto e per tutto un teatro greco, con in mezzo una penisola dove recitare )



Alla mia sinistra invece altre barchette super-simpatiche:



Un viottolo se possibile ancora più stretto di quello di prima:



Al termine del quale la vista era più o meno così:



o così:



Infine volgendo lo sguardo a destra, si scorge la valle in tutta la sua ampiezza, all'orizzonte c'è la famosa Via delle Valli:



E qui finisce il tour, mi ero anche fatto una foto ma son venuto talmente male che se l'avessi uppata qua avrebbero chiuso il blog entro 24 ore per atti osceni in luogo pubblico.
Comunque vedere quelle barchette là sparse mi ha messo una gran voglia di prendere un qualsiasi mezzo di imbarcazione, anche un canotto del piffero, e andare a vagare la in mezzo. St'estate lo faccio, pene.


Saluti,
Beto


Short But Violent

Salve a tutti followers del No Pipe, sono Gambero.

Pubblico un mio nuovo mix di tracce, come avevo fatto qualche settimana fa.
Ho cambiato genere, spostandomi sull'electroDubstep.
Diciamo però che più che un disco completo questa volta si tratta più di una demo. Ma, come si evince dal titolo, anche se breve è parecchio carica.

Enjoy

venerdì 1 giugno 2012

Il Kilobyte



Ciao a tutti BestFriendz del NoPipeBlog,
volevo condividere una piccola curiosità del campo informatico, una piccola sfumatura che riguarda l’unità di misura dell’informazione, una pu****ata per intenderci, ma magari è una QCQNS (QualcosaCheQualcunoNonSa): 
Un Kilobyte non è composto da 1024 byte, come sovente ho sentito dire e come una volta pensavo anch’io, 
ma da "soli" 1000. 
Il suffisso KILO, parola derivante dal greco e significante MILLE, così come nel KILOgrammo significa “MILLE grammi”, così anche nel Kilobyte significa esattamente “MILLE byte”! 
per cui:
Kilo = 1.000 = 10^3
Mega = 1.000.000 = 10^6
Giga = 1.000.000.000 = 10^9
Tera = ... Spazio all’immaginazione
Allora ‘sto C#@!o di 1024 da dove salta fuori?
Salta fuori perché ci sono due unità di misura dell’informazione diverse!
La prima, comprendente i famosi Kilobyte, Megabyte, Gigabyte ecc, fa parte del Sistema Internazionale delle unità di misura, la seconda invece che comprende i meno noti
Kibibyte
Mebibyte 
Gibibyte 
Tebibyte
Pebibyte
Exbibyte
Zebibyte
Yobibyte

è stata definita dalla Commissione Elettrotecnica Internazionale nel 1998.
e qual’è la differenza tra le due?
semplicemente cambiano le basi e gli elevamenti a potenza da cui saltano fuori queste grandezze.
Ovvero la prima notazione è in base 10, la seconda in base 2 (detta "binaria" e infatti la componente "bi" di tutti questi fantastici scioglilingua sta per "binary")
in pratica:
1 Kilobyte = 10^3 byte = 1000 byte
                          1 Kibibyte = 2^10 byte = 1024 byte  <--- ECCOLI!
1 Megabyte = 10^6 byte = 1.000.000 
1 Mebibyte = 2^20 byte = 1048576 byte
e via dicendo.


Come dice Wikipedia:
La definizione 1 kilobyte = 1000 byte è comunemente usata in tutti quei contesti in cui le quantità da misurare non sono basate su potenze di 2 (ad esempio la velocità di clock o di trasferimento dati); in molti altri contesti però la definizione 1 kilobyte = 1024 byte continua ad essere usata e a provocare errori di interpretazione (spesso anche voluti). Infatti, anche se nell'uso comune fa molta fatica ad affermarsi (stranamente non viene fatto molto sforzo per la sua diffusione), il modo più corretto per indicare 1024 byte dovrebbe essere il kibibyte (KiB) e valori affini come gibibyte (GiB) per 1.073.741.824 di byte e via dicendo
Per eventuali chiarimenti, link a madre Wikipedia:


Per lo stesso motivo, se oggi raggiungiamo anche le 1024 visite, potremo dire che avremo fatto le KIBI-Visite ;)