martedì 21 agosto 2012

Settima e ultima parte del racconto "La stella"

Ebbene, siamo giunti alla fine di questo primo racconto. Gli esami hanno portato via molto più tempo del previsto, da qui l'enorme tempo intercorso dall'ultimo capitolo. Grazie come sempre a Sara per l'editing! 

Siamo veramente giunti alla fine. 
O forse no?

Enjoy!




Parte Settima e ultima

Cesare si girò di scatto per guardare in faccia chi lo aveva salutato.
D-Dante...”
Cadde in ginocchio davanti al confratello, che dal canto suo lo stava osservando alquanto incuriosito, gli occhi fissi immobili su di lui.
«Dante, non so cosa mi sia successo... Guarda cos'ho fatto! Sono impazzito sul serio... Ma-» Si girò e gattonando tornò a fissare la bara aperta.
«Guarda! Guarda! Ci sono solo pietre dentro la bara!»
Mostrando concitato il risultato della sua indagine notturna, Cesare ebbe però l'impressione di parlare vento: Durante non mostrava alcuna reazione di sorpresa.
«Dante! Guarda lì dentro! Non le vedi?!» insistette.
Durante finalmente si mosse: “Ecco, ecco, guarda!” pensò Cesare “guarda e dimmi che non sono pazzo! Che qui sta veramente accadendo qualcosa di assurdo e incomprensibile! Ho ragione, non sono pazzo!”
Ma il confratello invece si avviò verso di lui e gli tese una mano sorridendo, la testa così tonda senza capelli sembrava uno strano globo illuminato dalla luna.
«Dante... Racconterai tutto all'abate? Hai visto, Alfredo non è lì, dove lo avranno portato?»
Alla fine si decise e afferrò la mano di Durante, che con un minimo sforzo lo tirò su. Il movimento rapido gli provocò un improvviso conato di vomito: «N-non mi sento bene...» disse, barcollando.
«Vieni con me, Cesare» disse l’altro con voce ferma, che ispirava in qualche modo sicurezza.
«Va... Va bene...»
Durante non lasciò mai la sua mano, e lo accompagnò percorrendo tutto il cimitero dell'eremo, fino a fermarsi davanti all'enorme altare.
Perché siamo venuti qui?” si chiese Cesare, senza lasciare il braccio sicuro e fermo del confratello che lo sorreggeva.
«Forse è meglio se rientriamo, credo di sentirmi la febbre, e non-»
«Hai risposto alla chiamata, Cesare»
Cesare fissò negli occhi l'amico e fratello: Durante continuava ad esprimere una felicità incomprensibile.
«Cosa stai dicendo Dante? Quale chiamata? Io-» I ricordi del sogno che lo aveva condotto fino lì esplosero nella sua testa. “Che cosa significa tutto questo? Sto ancora sognando forse?” Si diede un pizzicotto al viso, provò a scuotere la testa come in preda a convulsioni, ma nulla, nulla sembrava poterlo svegliare. “Sono sveglio? Cosa mi sta succedendo? Signore ti prego...” la testa gli girava, luci e voci che vorticavano nella sua mente, un tremendo capogiro e alla fine si sentì mancare.
Non svenne però, ma si sentì adagiare a terra da mani gentili.
Iniziò a prendere dei lunghi respiri per cercare di calmarsi, tentando di recuperare lucidità. Dopo quella che gli parve un'eternità, riuscì ad alzarsi carponi.
Nel frattempo Durante era chino sull'altare, come se cercasse qualcosa alla base del pesantissimo blocco di pietra.
Proprio mentre Cesare riusciva a mettersi in piedi, una strana luce si sprigionò dall'altare. Durante si alzò e si spostò dandogli modo di poter osservare uno spettacolo inquietante: il blocco superiore dell'altare si stava sollevando come se una forza misteriosa dall'interno lo stesse spingendo verso l'alto.
La lastra di pietra rimase sospesa a circa due metri di altezza, mentre quella frontale che dava verso i due monaci iniziò a sprofondare nel terreno fino a scomparire.
Una luce innaturale che proveniva da sotto la lastra sospesa permetteva di osservare delle scale che scendevano verso il basso situate proprio alla base dell'altare.
Cesare era a bocca aperta.
«Vieni con me, Cesare. Ti sarà tutto più chiaro.»
Durante lo attendeva con la mano tesa verso di lui, per accompagnarlo sicuramente all'interno di quel luogo assurdo.
E' un miracolo?” si chiese, improvvisamente.
«Dante, cos'è tutto questo? Cosa state facendo in questo eremo? Che Dio possa perdonarvi se state peccando da così tanto tempo...»
«Nessuno qui sta peccando, Cesare. Avrai la tua verità. Ora vieni.»
Cesare si avvicinò titubante, poi, resosi conto di non avere più alcun malessere, riacquistò un po' di coraggio e si decise:
Non ho nulla da perdere ormai. Se succede qualcosa, ho ancora gambe in grado di correre veloci. Ma devo sapere.”
Prese la mano di Durante e si lasciò guidare verso gli scalini. Quando furono sotto la pietra sospesa alzò lo sguardo, trovando la fonte di quella strana luce: sotto la lastra erano stati incisi degli strani simboli atti a formare un circolo, e ognuno di questi sprigionava una luce fortissima, quasi accecante. Ben presto si lasciarono anche quella alle spalle entrando in una muta oscurità.
Cesare non ebbe mai il coraggio di parlare in quel silenzio, ne Durante proferì parola. Continuarono a scendere, fino a quando la strada non divenne pianeggiante, fu allora che si fermarono.
Un'altra luce si accese davanti a loro, un altro circolo di simboli come quello che aveva visto all'entrata di quel tunnel era inciso nel muro che bloccava loro la strada. Un rumore profondo e grave anticipò lo sprofondare del muro nel terreno, in maniera molto simile alla lastra frontale dell'altare.
Oltre il muro appena svanito il tunnel terminava in una stanza illuminata da qualche torcia. Cesare e Durante avanzarono in quella che sembrava una cripta abbandonata. Fu in quel momento che Cesare ebbe il secondo spavento più grande della sua vita.
Qualcuno gli saltò addosso abbracciandolo, rischiando di farlo cadere per terra.
«Cesare! Grazie a Dio!»
Non è possibile...Alfredo…”
«Guarda Cesare! Sul tavolo!» Alfredo si staccò dall'abbraccio e gli indicò l'unico mobile presente all'interno della stanza, un piccolo tavolo.
Sopra di esso giaceva quella che sembrava una strana bottiglia.
«Cosa... Com'è possibile?» Cesare non riusciva a credere ai suoi occhi.
«L'angelo mi ha guarito! L'ampolla con l'acqua benedetta di San Costante è sempre stata qua sotto, non l'hanno mai spostata nel nuovo altare!»
«Quale angelo Alfredo? Non capisco, anche i tuoi sogni ti hanno portato qui? Perché ci hanno detto che eri morto?»
«L'abate mi ha accompagnato qui, dove ho conosciuto l'angelo del Signore che vive tra noi. Dio non vuole che la presenza di un angelo diventi nota però, quindi siamo dovuti ricorrere a questa spiacevole menzogna. Ma è tutto per un bene superiore, per il nostro bene, Cesare!» Alfredo era raggiante, sembrava che un fuoco ardesse dentro di lui.
«Quale bene spinge il Signore a mettere in scena una morte fasulla e a mentire così spudoratamente a tutta la comunità? Sei al corrente di non essere il primo a subire questa sorte Alfredo? Perché ormai sono sicuro che questa sia la stessa situazione venutasi a creare negli anni passati, ogni tre lustri. Sei sicuro che quell'acqua ti abbia guarito? Sembrava che tu ti fossi già ripreso nei giorni scorsi.» Cesare stava iniziando ad avere una sensazione orribile, come se i suoi sospetti più remoti fossero emersi per rivelargli una realtà ben più distorta di quella che avesse mai immaginato.
«E' vero, l'angelo mi ha rivelato che ce ne sono stati altri prima di noi, altri prescelti dal Signore per ascendere al Cielo, che ora ci attendono. Solo coloro che sono stati considerati degni dal Signore sono entrati qui, Cesare, è un'opportunità unica! Riesci a comprenderne la portata? Ti dico che quell'acqua mi ha guarito, l'angelo l'ha affidata ai più meritevoli.»
Io comprendo solo che qui sta succedendo la stessa cosa che nei secoli ha fatto sparire dei fratelli innocenti mandandoli incontro a chissà quale morte. Probabilmente ci finirò dentro anch'io, se non mi sbrigo a portare fuori Alfredo di qui e dare notizia di tutto questo a chi di dovere” rimuginò Cesare, continuando a guardarsi intorno.
Durante continuava ad osservarli in silenzio.
«Credo di iniziare a capire Alfredo, ma io voglio rimanere qui, per redimere i miei peccati e realizzare l'opera del Signore aiutando i più bisognosi, come ho giurato quando mi sono unito al mio ordine, non “ascendendo al Cielo” lasciandomi alle spalle tutto quanto. Sarebbe da vigliacchi agli occhi del Signore, non credi?». Tentando di far ragionare il confratello, nella mente di Cesare continuavano ad affollarsi le domande: “Ma perché aspettare che tu guarisca per poi farti morire? Questo morbo è qualcosa di artificioso? E cosa c'entra Dante in tutto questo?”
La parte più interna della stanza non era raggiunta dalla luce delle torce, ma Cesare riusciva appena a intravedere un qualcosa di enorme nascosto nell'ombra, una statua forse. Sperò che Alfredo si rendesse conto di quanto la situazione fosse assurda, ma lo sguardo fervente del giovane tradì le sue aspettative.
«No, non capisci... Tutto questo E' il volere del Signore, l'angelo porta la sua volontà, come puoi ignorarla?»
«Tanto per cominciare, io non vedo nessun angelo qui. Siamo solo io, te e Dan- OH!»
Cacciò un urlo e con un balzo si allontanò dall'entrata raggiungendo di corsa Alfredo in mezzo alla camera.
Dove prima vi era Durante, ora c'era qualcosa di assurdo.
Era come se una cascata di acqua limpida e purissima si fosse raccolta fino a formare la figura di un uomo, ma la creatura che Cesare stava osservando era tutto fuorché umana.
La cosa più impressionante però erano gli occhi: due piccoli soli che Cesare aveva visto fin troppe volte nei suoi incubi all'eremo. Dovette abbassare lo sguardo per non rimanere accecato.
«Non avere paura Cesare, è lui l'angelo! Ora mi credi?»
Cesare non era in grado di proferire parola, una paura cieca si era impadronita di lui.
Una voce che non aveva mai udito parlò:«Durante Traversa ha abbandonato questa esistenza da molto tempo. Ho mentito Cesare, ma era necessario per assicurarmi che foste le persone giuste.»
Alfredo era caduto in ginocchio, la testa china contro il pavimento. Cesare riusciva a sentirlo sussurrare preghiere indirizzate al Signore, una litania continua.
«Come ha già riferito Alfredo, siete stati scelti. Il Signore ha bisogno di persone in grado di comprendere appieno il significato della vita, con tutto ciò che questo comporta.
Voi due avete vissuto la vostra riuscendo a toccare pienamente i due estremi dell'esistenza umana: bene e male.
Siete gli unici in grado di distinguerli con una cognizione data dall'esperienza.»
La creatura rimase in silenzio.
«M-ma, quindi, per quanto tempo sei rimasto qui sotto mentite spoglie?» Cesare aveva trovato il coraggio per parlare.
«Io sono qui da prima che il monastero venisse costruito.»
«Sei lo stesso angelo che ha affidato l'acqua a San Costante?»
«No. Costante lasciò questa esistenza a causa della peste. Ho dovuto prendere il suo posto come ho fatto per Durante. Era necessario per cominciare l'opera affidatami dal Signore.»
«C-chi sei? Hai un nome?»
«Io non ho nome, poiché la mia esistenza non ne ha necessità.»
Cesare cercò di alzare lo sguardo per osservare la creatura, ma dovette fermarsi a fissarne le gambe per non rimanere abbagliato.
«Quindi, sei tu che fai ammalare ogni tre lustri un “prescelto” dal Signore?»
«Si.»
«Perché?»
«Il Signore ha bisogno di persone degne al suo fianco, in grado di vivere nel Suo Regno dei Cieli, quello che voi comunemente chiamate Paradiso. La malattia che Lui dona al prescelto ha lo scopo di fargli abbandonare lentamente questa esistenza, permettendogli di dare addio a tutto ciò che ha a cuore.»
Cesare però continuava a non capire: «Io non mi sono ammalato, eppure sono qui. Alfredo è il prescelto, non io.»
«Il tuo caso è anomalo, seppur benaccetto. Quando sei arrivato ho notato subito la profonda dualità del tuo essere, forse addirittura superiore a quella di Alfredo, così ho deciso di avvicinarmi a te. Tutto quello che è accaduto al monastero dal giorno in cui sei arrivato è stata una prova per capire se potevi essere degno anche tu, Cesare. Ho spinto Evaristo a farti indagare sul morbo. Ho alterato i tuoi sogni per vedere fino a che punto potevi spingerti, e la risposta è la tua presenza qui, ora.»
Alfredo nel frattempo aveva interrotto le preghiere e ascoltava ogni parola dell'essere. Lacrime di gioia estatica rigavano il suo viso. Si voltò verso Cesare.
«Ora sei convinto amico mio? Stiamo per andare nel Regno dei Cieli! E' quello a cui anelo da quando ho conosciuto il Signore... è... è...» Non finì la frase, riprendendo a pregare.
Fa paura anche lui. E' completamente asservito a quest'essere. Cosa devo fare? E' davvero un angelo di Dio quello che ho di fronte? O è un'apparizione del demonio? Signore, aiutami!”
L'angelo si mosse, avvicinandosi a loro. Cesare fu preso dal panico, e cercò di prendere tempo con la conversazione.
«Chi è a conoscenza di tutto questo tra i fratelli che vivono qui?»
«Solo Evaristo, agisce in mia vece.» rispose. Era vicino a loro ormai, quando voltò bruscamente andando verso la parete laterale della cripta, dandogli le spalle.
Cesare tentò di tirare su Alfredo da terra per poi scappare verso l'entrata, ma il giovane monaco era come un peso morto. «Alfredo, alzati, vieni con me... non abbiamo più tempo!» sussurrò sperando di venire ascoltato.
Alfredo non mostrava alcun segno di lucidità. Iniziò a fissarlo con un sorriso inebetito e a ripetere «Stai tranquillo, non c'è nulla da temere...».
«Finalmente.» Era stato l'angelo a parlare.
La stanza improvvisamente si illuminò come a giorno.
Cesare dovette coprirsi gli occhi: era stato accecato da una miriade di simboli luminosi, comparsi su tutte le pareti della stanza, che avevano iniziato come a danzare intorno a loro.
Anche questi come quelli della lastra emanavano un'intensa luce bianca che permetteva di osservare nella sua interezza lo strano luogo in cui era finito.
«Cosa sta succedendo?!» Cesare ora urlava senza alcun ritegno.
Cercò la sagoma di Alfredo, persa in mezzo a tutto quel chiarore. Lo trovò inginocchiato, con gli occhi sgranati, mentre osservava quella che doveva essere l'enorme struttura che aveva intravisto nella penombra. Alta almeno il doppio di lui, era formata da sette massicci anelli di metallo concentrici. Erano di grandezza variabile, più grandi all'esterno e via via più ristretti. Ognuno di loro era posto ad un diverso grado di “rotazione”, dando l'idea che fossero stati disposti in quel modo per disegnare una sorta di sfera.
Cesare rimase rapito da quella visione. Era una struttura costruita con un senso dell'armonia che travalicava quello umano. I sette anelli davano l'idea di essere pesantissimi ma erano sospesi da terra senza alcun sostegno. “Un altro miracolo...”
Era sconvolto.
«Signore! Se tutto questo è opera tua, dammi un segno della tua presenza! Te ne prego!». Nessuna risposta. Nessun segno.
Le urla avevano fatto trasalire anche Alfredo. Il giovane fissò per qualche secondo Cesare, poi distolse lo sguardo e iniziò a osservare attorno a sé, come alla ricerca della figura che li aveva preceduti, l’angelo.
Anche Cesare cercò di trovare lo strano essere in mezzo a tutta quella luce. Lo intravide alla base degli anelli, mentre stava manipolando un qualcosa situato sotto l'enorme struttura.
Cesare provò un'ultima volta a trascinare via Alfredo, ma il giovane era come inebetito. «Alfredo! Vieni via con me! Sbrigati!» Cesare continuava a urlare, ormai non aveva più senso cercare di nascondersi.
Venne interrotto di nuovo dall'angelo.
«E' pronto, finalmente. Dopo tre lustri “Ghadis Ul'dz” può risvegliarsi ancora. C'è voluto meno tempo del solito, ed è anche grazie a te Cesare. I tuoi sogni e quelli di Alfredo lo hanno nutrito accelerando il processo di risveglio.»
Quindi devono aspettare quindici anni ogni volta “nutrendo” questa cosa affinché si risvegli? Devo andarmene via subito di qui, e devo salvare Alfredo. Signore, forse stasera riuscirò a compiere la tua volontà, e salverò un nostro fratello. Resta con me fino alla fine. Non voglio finire in pasto al demonio...”
Con un ronzio che divenne presto rombo gli anelli iniziarono a ruotare, sempre più velocemente. Il rumore alla fine divenne insopportabile, e sia Cesare che Alfredo si tapparono le orecchie, accasciandosi su loro stessi, la testa racchiusa tra le braccia, le loro urla che si perdevano nel frastuono.
Poi, come era cominciato, in un attimo il rumore cessò, di colpo.
Quando riaprirono gli occhi, gli anelli erano svaniti. Al loro posto ora c'era un'enorme sfera luminosa. Emanava un calore fortissimo, e Cesare vide che aveva la consistenza di una fiamma. “Sembra... una stella.” Nel suo chiarore c’era qualcosa di affascinante e spaventoso al tempo stesso, l’istinto gli suggeriva che se lui o Alfredo l'avessero anche solo toccata sarebbero morti bruciati all'istante, ma il magnetismo di quella luce cosi chiara e forte era innegabile.
Cesare provò a cercare con lo sguardo l'uscita della stanza. Non la trovò, ed ebbe il timore che l'essere li avesse chiusi lì dentro quando aveva “acceso” la cripta.
Si fece il segno della croce ed iniziò a pregare.
L'angelo parlò di nuovo: «Cesare, Alfredo, è giunto il momento di raggiungere il Signore nel Regno dei Cieli. Non dovete far altro che entrare in comunione con “Ghadis Ul'dz ”.
L'essere si spostò lasciandoli davanti alla stella.
«Ci siamo...»
Alfredo si alzò. Uno sguardo di determinazione fanatica era affiorato sul suo viso.
Si allontanò verso il centro della stanza. Cesare lo vide mentre si slacciava il saio e lo toglieva, lasciandolo scivolare dolcemente a terra. Sotto portava abiti pesanti, come se fosse già arrivato il pieno inverno, coi suoi venti freddi e le sue nevi.
Iniziò a prendere la rincorsa, puntando con decisione dritto verso la stella.
«Fermo!»
Cesare si parò davanti Alfredo in un ultimo scatto di coraggio. Dietro di sé poco più di un metro lo separava dalla stella. Il calore era insopportabile.
Alfredo si fermò, come incredulo per il richiamo.
«Cesare, dobbiamo andare, che cosa stai facendo?» disse, come se non si capacitasse di essere appena stato fermato.
«Sei forse impazzito completamente?! Morirai se ti tuffi li dentro! Non l'hai ancora capito? Angelo! Che cos'hai da dire al riguardo?»
«Le vostre esistenze saranno cancellate da questo mondo, per poter continuare indipendenti nel Regno dei Cieli.»
«Hai sentito? Moriremo! Hai ancora intenzione di buttare via la tua vita in questo modo? Il Signore ti ha salvato dalla malattia! Non puoi farti beffe di lui in questo modo!»
«Il Signore mi attende nel Suo Regno! E aspetta anche te! Non moriremo, ascenderemo al Cielo!»
Sei pazzo!” si disse, più a se stesso che al confratello, poi si risolse a togliere la sua attenzione da Alfredo «Angelo! Prendi la mia vita ma lascia stare Alfredo! Portalo via di qui! Se hai anche solo un briciolo di bontà fammi questo favore, te ne prego!», urlò in un ultimo disperato tentativo.
La creatura rimase in silenzio qualche istante, poi rispose: «Non mi è possibile esaudire la tua richiesta, Cesare. Il Signore ha ordinato, e io devo eseguire.»
«No...» mormorò, mentre anche le ultime forze gli venivano meno davanti a quello che gli appariva ormai come un epilogo disperato quanto inevitabile.
Alfredo stava piangendo.
«Cesare... Cosa sto facendo? Credi che io sia impazzito davvero?» singhiozzò.
Grazie Signore, forse sta rinsavendo...”
Osservò Alfredo. Il suo sguardo folle di qualche istante prima si era tramutato in una maschera di dolore.
Si avvicinò a Cesare, poi lo abbracciò tra le lacrime.
«Amico mio... amico mio...» Alfredo era sconvolto.
«Va tutto bene Alfredo, ora ce ne andremo di qui... e sarà tutto finito...»
Cesare cercò con lo sguardo l'angelo mentre accarezzava la testa del suo giovane fratello, e per la prima volta riuscì a fissarlo negli occhi.
Cercò di pensare a un modo per sfuggirgli, quando Alfredo parlò di nuovo.
«Si... Andiamo via di qui, Cesare, insieme.» mormorò.
«Cos- NO!»
Non ebbe modo di reagire. Il movimento di Alfredo fu repentino e inaspettato.
Travolse Cesare, trascinandolo con tutto il suo peso verso la stella, e i due svanirono al suo interno.
Cesare non riuscì nemmeno a formulare un pensiero compiuto in quell'istante, tutto si perse nella luce della stella.

Padre Cesare e Padre Alfredo, dell'eremo di San Costante da Nibizzola, furono dichiarati morti il giorno seguente. Nel necrologio che Padre Adriano aggiornò coi loro nomi erano state scritte le seguenti parole:

Anno del decesso: 1730, causa non riconducibile, morbo non riconosciuto, impossibile effettuare ulteriori studi sul corpo senza cadere nel blasfemo.”

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