Siamo veramente giunti alla fine.
O forse no?
Enjoy!
Parte
Settima e ultima
Cesare si
girò di scatto per guardare in faccia chi lo aveva salutato.
“D-Dante...”
Cadde
in ginocchio davanti al confratello, che dal canto suo lo stava
osservando alquanto incuriosito, gli occhi fissi immobili su di lui.
«Dante, non
so cosa mi sia successo... Guarda cos'ho fatto! Sono impazzito sul
serio... Ma-» Si girò e gattonando tornò a fissare la bara aperta.
«Guarda!
Guarda! Ci sono solo pietre dentro la bara!»
Mostrando
concitato il risultato della sua indagine notturna, Cesare ebbe però
l'impressione di
parlare vento: Durante non mostrava alcuna reazione di sorpresa.
«Dante!
Guarda lì dentro! Non le vedi?!» insistette.
Durante
finalmente si mosse: “Ecco, ecco, guarda!” pensò Cesare “guarda
e dimmi che non sono pazzo! Che qui sta veramente accadendo qualcosa
di assurdo e incomprensibile! Ho ragione, non sono pazzo!”
Ma il
confratello invece si avviò verso di lui e gli tese una mano
sorridendo, la testa così tonda senza capelli sembrava uno strano
globo illuminato dalla luna.
«Dante...
Racconterai tutto all'abate? Hai visto, Alfredo non è lì, dove lo
avranno portato?»
Alla
fine si decise e afferrò la mano di Durante, che con un minimo
sforzo lo tirò su. Il movimento rapido gli provocò un improvviso
conato di vomito: «N-non mi sento bene...» disse, barcollando.
«Vieni
con me, Cesare» disse l’altro con voce
ferma, che ispirava in qualche modo sicurezza.
«Va... Va
bene...»
Durante non
lasciò mai la sua mano, e lo accompagnò percorrendo tutto il
cimitero dell'eremo, fino a fermarsi davanti all'enorme altare.
“Perché
siamo venuti qui?” si chiese Cesare, senza lasciare il braccio
sicuro e fermo del confratello che lo sorreggeva.
«Forse è
meglio se rientriamo, credo di sentirmi la febbre, e non-»
«Hai
risposto alla chiamata, Cesare»
Cesare fissò
negli occhi l'amico e fratello: Durante continuava ad esprimere una
felicità incomprensibile.
«Cosa
stai dicendo Dante? Quale chiamata? Io-» I ricordi del sogno che lo
aveva condotto fino lì esplosero nella sua testa. “Che cosa
significa tutto questo? Sto ancora sognando forse?” Si diede un
pizzicotto al viso, provò a scuotere la testa come in preda a
convulsioni, ma nulla, nulla sembrava poterlo svegliare. “Sono
sveglio? Cosa mi sta succedendo? Signore ti prego...” la testa gli
girava, luci e voci che vorticavano nella sua mente, un tremendo
capogiro e alla fine si sentì mancare.
Non
svenne però, ma si sentì adagiare a terra da mani gentili.
Iniziò
a prendere dei lunghi respiri per cercare di calmarsi, tentando di
recuperare lucidità. Dopo quella che gli parve un'eternità, riuscì
ad alzarsi carponi.
Nel frattempo
Durante era chino sull'altare, come se cercasse qualcosa alla base
del pesantissimo blocco di pietra.
Proprio
mentre Cesare riusciva a mettersi in piedi, una strana luce si
sprigionò dall'altare. Durante si alzò e si spostò dandogli modo
di poter osservare uno spettacolo inquietante: il blocco superiore
dell'altare si stava sollevando come se una forza misteriosa
dall'interno lo stesse spingendo verso l'alto.
La lastra di
pietra rimase sospesa a circa due metri di altezza, mentre quella
frontale che dava verso i due monaci iniziò a sprofondare nel
terreno fino a scomparire.
Una luce
innaturale che proveniva da sotto la lastra sospesa permetteva di
osservare delle scale che scendevano verso il basso situate proprio
alla base dell'altare.
Cesare era a
bocca aperta.
«Vieni con
me, Cesare. Ti sarà tutto più chiaro.»
Durante lo
attendeva con la mano tesa verso di lui, per accompagnarlo
sicuramente all'interno di quel luogo assurdo.
“E'
un miracolo?” si chiese, improvvisamente.
«Dante,
cos'è tutto questo? Cosa state facendo in questo eremo? Che Dio
possa perdonarvi se state peccando da così tanto tempo...»
«Nessuno qui
sta peccando, Cesare. Avrai la tua verità. Ora vieni.»
Cesare si
avvicinò titubante, poi, resosi conto di non avere più alcun
malessere, riacquistò un po' di coraggio e si decise:
“Non
ho nulla da perdere ormai. Se succede qualcosa, ho ancora gambe in
grado di correre veloci. Ma devo sapere.”
Prese la mano
di Durante e si lasciò guidare verso gli scalini. Quando furono
sotto la pietra sospesa alzò lo sguardo, trovando la fonte di quella
strana luce: sotto la lastra erano stati incisi degli strani simboli
atti a formare un circolo, e ognuno di questi sprigionava una luce
fortissima, quasi accecante. Ben presto si lasciarono anche quella
alle spalle entrando in una muta oscurità.
Cesare non
ebbe mai il coraggio di parlare in quel silenzio, ne Durante proferì
parola. Continuarono a scendere, fino a quando la strada non divenne
pianeggiante, fu allora che si fermarono.
Un'altra luce
si accese davanti a loro, un altro circolo di simboli come quello che
aveva visto all'entrata di quel tunnel era inciso nel muro che
bloccava loro la strada. Un rumore profondo e grave anticipò lo
sprofondare del muro nel terreno, in maniera molto simile alla lastra
frontale dell'altare.
Oltre il muro
appena svanito il tunnel terminava in una stanza illuminata da
qualche torcia. Cesare e Durante avanzarono in quella che sembrava
una cripta abbandonata. Fu in quel momento che Cesare ebbe il secondo
spavento più grande della sua vita.
Qualcuno gli
saltò addosso abbracciandolo, rischiando di farlo cadere per terra.
«Cesare!
Grazie a Dio!»
“Non
è possibile...Alfredo…”
«Guarda
Cesare! Sul tavolo!» Alfredo si staccò dall'abbraccio e gli indicò
l'unico mobile presente all'interno della stanza, un piccolo tavolo.
Sopra di esso
giaceva quella che sembrava una strana bottiglia.
«Cosa...
Com'è possibile?» Cesare non riusciva a credere ai suoi occhi.
«L'angelo mi
ha guarito! L'ampolla con l'acqua benedetta di San Costante è sempre
stata qua sotto, non l'hanno mai spostata nel nuovo altare!»
«Quale
angelo Alfredo? Non capisco, anche i tuoi sogni ti hanno portato qui?
Perché ci hanno detto che eri morto?»
«L'abate
mi ha accompagnato qui, dove ho conosciuto l'angelo del Signore che
vive tra noi. Dio non vuole che la presenza di un angelo diventi nota
però, quindi siamo dovuti ricorrere a questa spiacevole menzogna. Ma
è tutto per un bene superiore, per il nostro bene, Cesare!» Alfredo
era raggiante, sembrava che un fuoco ardesse dentro di lui.
«Quale
bene spinge il Signore a mettere in scena una morte fasulla e a
mentire così spudoratamente a tutta la comunità? Sei al corrente di
non essere il primo a subire questa sorte Alfredo? Perché ormai sono
sicuro che questa sia la stessa situazione venutasi a creare negli
anni passati, ogni tre lustri. Sei sicuro che quell'acqua ti abbia
guarito? Sembrava che tu ti fossi già ripreso nei giorni scorsi.»
Cesare stava iniziando ad avere una sensazione orribile, come se i
suoi sospetti più remoti fossero emersi per rivelargli una realtà
ben più distorta di quella che avesse mai immaginato.
«E' vero,
l'angelo mi ha rivelato che ce ne sono stati altri prima di noi,
altri prescelti dal Signore per ascendere al Cielo, che ora ci
attendono. Solo coloro che sono stati considerati degni dal Signore
sono entrati qui, Cesare, è un'opportunità unica! Riesci a
comprenderne la portata? Ti dico che quell'acqua mi ha guarito,
l'angelo l'ha affidata ai più meritevoli.»
“Io
comprendo solo che qui sta succedendo la stessa cosa che nei secoli
ha fatto sparire dei fratelli innocenti mandandoli incontro a chissà
quale morte. Probabilmente ci finirò dentro anch'io, se non mi
sbrigo a portare fuori Alfredo di qui e dare notizia di tutto questo
a chi di dovere” rimuginò Cesare, continuando a guardarsi intorno.
Durante
continuava ad osservarli in silenzio.
«Credo
di iniziare a capire Alfredo, ma io voglio rimanere qui, per redimere
i miei peccati e realizzare l'opera del Signore aiutando i più
bisognosi, come ho giurato quando mi sono unito al mio ordine, non
“ascendendo al Cielo” lasciandomi alle spalle tutto quanto.
Sarebbe da vigliacchi agli occhi del Signore, non credi?». Tentando
di far ragionare il confratello, nella mente di Cesare continuavano
ad affollarsi le domande: “Ma perché aspettare che tu guarisca per
poi farti morire? Questo morbo è qualcosa di artificioso? E cosa
c'entra Dante in tutto questo?”
La parte più
interna della stanza non era raggiunta dalla luce delle torce, ma
Cesare riusciva appena a intravedere un qualcosa di enorme nascosto
nell'ombra, una statua forse. Sperò che Alfredo si rendesse conto di
quanto la situazione fosse assurda, ma lo sguardo fervente del
giovane tradì le sue aspettative.
«No, non
capisci... Tutto questo E' il volere del Signore, l'angelo porta la
sua volontà, come puoi ignorarla?»
«Tanto per
cominciare, io non vedo nessun angelo qui. Siamo solo io, te e Dan-
OH!»
Cacciò un
urlo e con un balzo si allontanò dall'entrata raggiungendo di corsa
Alfredo in mezzo alla camera.
Dove prima vi
era Durante, ora c'era qualcosa di assurdo.
Era come se
una cascata di acqua limpida e purissima si fosse raccolta fino a
formare la figura di un uomo, ma la creatura che Cesare stava
osservando era tutto fuorché umana.
La cosa più
impressionante però erano gli occhi: due piccoli soli che Cesare
aveva visto fin troppe volte nei suoi incubi all'eremo. Dovette
abbassare lo sguardo per non rimanere accecato.
«Non avere
paura Cesare, è lui l'angelo! Ora mi credi?»
Cesare non
era in grado di proferire parola, una paura cieca si era impadronita
di lui.
Una voce che
non aveva mai udito parlò:«Durante Traversa ha abbandonato questa
esistenza da molto tempo. Ho mentito Cesare, ma era necessario per
assicurarmi che foste le persone giuste.»
Alfredo era
caduto in ginocchio, la testa china contro il pavimento. Cesare
riusciva a sentirlo sussurrare preghiere indirizzate al Signore, una
litania continua.
«Come
ha già riferito Alfredo, siete stati scelti. Il Signore ha bisogno
di persone in grado di comprendere appieno il significato della vita,
con tutto ciò che questo comporta.
Voi due avete
vissuto la vostra riuscendo a toccare pienamente i due estremi
dell'esistenza umana: bene e male.
Siete gli
unici in grado di distinguerli con una cognizione data
dall'esperienza.»
La creatura
rimase in silenzio.
«M-ma,
quindi, per quanto tempo sei rimasto qui sotto mentite spoglie?»
Cesare aveva trovato il coraggio per parlare.
«Io sono qui
da prima che il monastero venisse costruito.»
«Sei lo
stesso angelo che ha affidato l'acqua a San Costante?»
«No.
Costante lasciò questa esistenza a causa della peste. Ho dovuto
prendere il suo posto come ho fatto per Durante. Era necessario per
cominciare l'opera affidatami dal Signore.»
«C-chi sei?
Hai un nome?»
«Io non ho
nome, poiché la mia esistenza non ne ha necessità.»
Cesare cercò
di alzare lo sguardo per osservare la creatura, ma dovette fermarsi a
fissarne le gambe per non rimanere abbagliato.
«Quindi, sei
tu che fai ammalare ogni tre lustri un “prescelto” dal Signore?»
«Si.»
«Perché?»
«Il Signore
ha bisogno di persone degne al suo fianco, in grado di vivere nel Suo
Regno dei Cieli, quello che voi comunemente chiamate Paradiso. La
malattia che Lui dona al prescelto ha lo scopo di fargli abbandonare
lentamente questa esistenza, permettendogli di dare addio a tutto ciò
che ha a cuore.»
Cesare
però continuava a non capire: «Io non mi sono ammalato,
eppure sono qui. Alfredo è il prescelto, non io.»
«Il
tuo caso è anomalo, seppur benaccetto. Quando sei arrivato ho notato
subito la profonda dualità del tuo essere, forse addirittura
superiore a quella di Alfredo, così ho deciso di avvicinarmi a te.
Tutto quello che è accaduto al monastero dal giorno in cui sei
arrivato è stata una prova per capire se potevi essere degno anche
tu, Cesare. Ho spinto Evaristo a farti indagare sul morbo. Ho
alterato i tuoi sogni per vedere fino a che punto potevi spingerti, e
la risposta è la tua presenza qui, ora.»
Alfredo
nel frattempo aveva interrotto le preghiere e ascoltava ogni parola
dell'essere. Lacrime di gioia estatica rigavano il suo viso. Si voltò
verso Cesare.
«Ora sei
convinto amico mio? Stiamo per andare nel Regno dei Cieli! E' quello
a cui anelo da quando ho conosciuto il Signore... è... è...» Non
finì la frase, riprendendo a pregare.
“Fa paura
anche lui. E' completamente asservito a quest'essere. Cosa devo fare?
E' davvero un angelo di Dio quello che ho di fronte? O è
un'apparizione del demonio? Signore, aiutami!”
L'angelo si
mosse, avvicinandosi a loro. Cesare fu preso dal panico, e cercò di
prendere tempo con la conversazione.
«Chi è a
conoscenza di tutto questo tra i fratelli che vivono qui?»
«Solo
Evaristo, agisce in mia vece.» rispose. Era vicino a loro ormai,
quando voltò bruscamente andando verso la parete laterale della
cripta, dandogli le spalle.
Cesare tentò
di tirare su Alfredo da terra per poi scappare verso l'entrata, ma il
giovane monaco era come un peso morto. «Alfredo, alzati, vieni con
me... non abbiamo più tempo!» sussurrò sperando di venire
ascoltato.
Alfredo non
mostrava alcun segno di lucidità. Iniziò a fissarlo con un sorriso
inebetito e a ripetere «Stai tranquillo, non c'è nulla da
temere...».
«Finalmente.»
Era stato l'angelo a parlare.
La stanza
improvvisamente si illuminò come a giorno.
Cesare
dovette coprirsi gli occhi: era stato accecato da una miriade di
simboli luminosi, comparsi su tutte le pareti della stanza, che
avevano iniziato come a danzare intorno a loro.
Anche questi
come quelli della lastra emanavano un'intensa luce bianca che
permetteva di osservare nella sua interezza lo strano luogo in cui
era finito.
«Cosa sta
succedendo?!» Cesare ora urlava senza alcun ritegno.
Cercò
la sagoma di Alfredo,
persa in mezzo a tutto quel chiarore. Lo trovò inginocchiato, con
gli occhi sgranati, mentre osservava quella che doveva essere
l'enorme struttura che aveva intravisto nella penombra. Alta almeno
il doppio di lui, era formata da sette massicci anelli di metallo
concentrici. Erano di grandezza variabile, più grandi all'esterno e
via via più ristretti. Ognuno di loro era posto ad un diverso grado
di “rotazione”, dando l'idea che fossero stati disposti in quel
modo per disegnare una sorta di sfera.
Cesare rimase
rapito da quella visione. Era una struttura costruita con un senso
dell'armonia che travalicava quello umano. I sette anelli davano
l'idea di essere pesantissimi ma erano sospesi da terra senza alcun
sostegno. “Un altro miracolo...”
Era
sconvolto.
«Signore! Se
tutto questo è opera tua, dammi un segno della tua presenza! Te ne
prego!». Nessuna risposta. Nessun segno.
Le urla
avevano fatto trasalire anche Alfredo. Il giovane fissò per qualche
secondo Cesare, poi distolse lo sguardo e iniziò a osservare attorno
a sé, come alla ricerca della figura che li aveva preceduti,
l’angelo.
Anche Cesare
cercò di trovare lo strano essere in mezzo a tutta quella luce. Lo
intravide alla base degli anelli, mentre stava manipolando un
qualcosa situato sotto l'enorme struttura.
Cesare
provò un'ultima volta a trascinare via Alfredo, ma il giovane era
come inebetito. «Alfredo! Vieni via con me! Sbrigati!» Cesare
continuava a urlare, ormai non aveva più senso cercare di
nascondersi.
Venne
interrotto di nuovo dall'angelo.
«E'
pronto, finalmente. Dopo tre lustri “Ghadis
Ul'dz” può risvegliarsi
ancora. C'è voluto meno tempo del solito, ed è anche grazie a te
Cesare. I tuoi sogni e quelli di Alfredo lo hanno nutrito accelerando
il processo di risveglio.»
“Quindi
devono aspettare quindici anni ogni volta “nutrendo” questa cosa
affinché si risvegli? Devo andarmene via subito di qui, e devo
salvare Alfredo. Signore, forse stasera riuscirò a compiere la tua
volontà, e salverò un nostro fratello. Resta con me fino alla fine.
Non voglio finire in pasto al demonio...”
Con un
ronzio che divenne presto rombo gli anelli iniziarono a ruotare,
sempre più velocemente. Il rumore alla fine divenne insopportabile,
e sia Cesare che Alfredo si tapparono le orecchie, accasciandosi su
loro stessi, la testa racchiusa tra le braccia, le loro urla che si
perdevano nel frastuono.
Poi,
come era cominciato, in un attimo il
rumore cessò, di colpo.
Quando
riaprirono gli occhi,
gli anelli erano svaniti. Al loro posto ora c'era un'enorme sfera
luminosa. Emanava un calore fortissimo, e Cesare vide che aveva la
consistenza di una fiamma. “Sembra... una stella.” Nel suo
chiarore c’era qualcosa di affascinante e spaventoso al tempo
stesso, l’istinto gli suggeriva che se lui o Alfredo l'avessero
anche solo toccata sarebbero morti bruciati all'istante, ma il
magnetismo di quella luce cosi chiara e forte era innegabile.
Cesare
provò a cercare con lo sguardo l'uscita della stanza. Non la trovò,
ed ebbe il timore che l'essere li avesse chiusi lì dentro quando
aveva “acceso” la cripta.
Si fece il
segno della croce ed iniziò a pregare.
L'angelo
parlò di nuovo: «Cesare, Alfredo, è giunto il momento di
raggiungere il Signore nel Regno dei Cieli. Non dovete far altro che
entrare in comunione con “Ghadis Ul'dz
”.
L'essere si
spostò lasciandoli davanti alla stella.
«Ci
siamo...»
Alfredo si
alzò. Uno sguardo di determinazione fanatica era affiorato sul suo
viso.
Si
allontanò verso il centro della stanza. Cesare lo vide mentre si
slacciava il saio e lo toglieva, lasciandolo scivolare dolcemente a
terra. Sotto portava abiti pesanti, come se fosse già arrivato il
pieno inverno, coi suoi venti freddi e le sue nevi.
Iniziò
a prendere la rincorsa, puntando con decisione dritto verso la
stella.
«Fermo!»
Cesare si
parò davanti Alfredo in un ultimo scatto di coraggio. Dietro di sé
poco più di un metro lo separava dalla stella. Il calore era
insopportabile.
Alfredo
si fermò, come incredulo per il richiamo.
«Cesare,
dobbiamo andare, che cosa stai facendo?» disse, come se non si
capacitasse di essere appena stato fermato.
«Sei forse
impazzito completamente?! Morirai se ti tuffi li dentro! Non l'hai
ancora capito? Angelo! Che cos'hai da dire al riguardo?»
«Le vostre
esistenze saranno cancellate da questo mondo, per poter continuare
indipendenti nel Regno dei Cieli.»
«Hai
sentito? Moriremo! Hai ancora intenzione di buttare via la tua vita
in questo modo? Il Signore ti ha salvato dalla malattia! Non puoi
farti beffe di lui in questo modo!»
«Il Signore
mi attende nel Suo Regno! E aspetta anche te! Non moriremo,
ascenderemo al Cielo!»
“Sei
pazzo!” si disse, più a se stesso che al confratello, poi si
risolse a togliere la sua attenzione da Alfredo «Angelo! Prendi la
mia vita ma lascia stare Alfredo! Portalo via di qui! Se hai anche
solo un briciolo di bontà fammi questo favore, te ne prego!», urlò
in un ultimo disperato tentativo.
La creatura
rimase in silenzio qualche istante, poi rispose: «Non mi è
possibile esaudire la tua richiesta, Cesare. Il Signore ha ordinato,
e io devo eseguire.»
«No...»
mormorò, mentre anche le ultime forze gli venivano meno davanti a
quello che gli appariva ormai come un epilogo disperato quanto
inevitabile.
Alfredo stava
piangendo.
«Cesare...
Cosa sto facendo? Credi che io sia impazzito davvero?» singhiozzò.
“Grazie
Signore, forse sta rinsavendo...”
Osservò
Alfredo. Il suo sguardo folle di qualche istante prima si era
tramutato in una maschera di dolore.
Si
avvicinò a Cesare, poi lo abbracciò tra le lacrime.
«Amico
mio... amico mio...» Alfredo era sconvolto.
«Va tutto
bene Alfredo, ora ce ne andremo di qui... e sarà tutto finito...»
Cesare cercò
con lo sguardo l'angelo mentre accarezzava la testa del suo giovane
fratello, e per la prima volta riuscì a fissarlo negli occhi.
Cercò
di pensare a un modo per sfuggirgli, quando Alfredo parlò di nuovo.
«Si...
Andiamo via di qui, Cesare, insieme.» mormorò.
«Cos- NO!»
Non ebbe modo
di reagire. Il movimento di Alfredo fu repentino e inaspettato.
Travolse
Cesare, trascinandolo con tutto il suo peso verso la stella, e i due
svanirono al suo interno.
Cesare non
riuscì nemmeno a formulare un pensiero compiuto in quell'istante,
tutto si perse nella luce della stella.
Padre Cesare
e Padre Alfredo, dell'eremo di San Costante da Nibizzola, furono
dichiarati morti il giorno seguente. Nel necrologio che Padre Adriano
aggiornò coi loro nomi erano state scritte le seguenti parole:
“Anno
del decesso: 1730, causa non riconducibile, morbo non riconosciuto,
impossibile effettuare ulteriori studi sul corpo senza cadere nel
blasfemo.”
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